Matteo e Giorgia coppia aperta. Giustizia, Kiev e premierato: Fdi parla (anche) al centro

Nessuna rottura: la Lega coltiva la sua base e la premier incassa le aperture di Azione

Matteo e Giorgia coppia aperta. Giustizia, Kiev e premierato: Fdi parla (anche) al centro
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Quella tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini è la storia di una coppia (politica) aperta. A cinquecento chilometri distanza si giurano «fedeltà» e «amore eterno». Da Padova, il vicepremier leghista assicura: «Resteremo insieme fino al 2057». Messaggio che arriva a Roma, dove Meloni ribadisce: «Governo in piena salute». Entrambi però non rinunciano alle proprie frequentazioni. Salvini flirta con l'amante Conte su Ucraina e dazi. Meloni strizza l'occhio a Calenda su Europa, giustizia e premierato. Meloni e Salvini non hanno alcuna intenzione di rompere il matrimonio. Gli amanti (Conte e Calenda) resteranno tali.

La leader di Fdi vuole tenere in caldo il «forno Calenda». La pattuglia di deputati e senatori di Azione (12 in tutto) potrebbe essere utile per disinnescare le scorribande leghiste. È una carta di riserva, forse remota, che però il premier «minaccia» di usare come ombrello di protezione per il governo in caso di fibrillazioni. È in fondo questo il senso della partecipazione di Meloni al congresso di Azione a Roma. L'obiettivo della capa di Fdi è quello di tenere «buono» e «pronto» (quando arriverà il momento) Calenda. Chissà, in futuro la maggioranza potrebbe aver bisogno di un «aiutino». Nelle lacerazioni del centro-sinistra, si inserisce Meloni per assegnare a Calenda l'abito del «responsabile» (quinta gamba della maggioranza). Se al centrodestra dovesse servire una «mano», Azione ci sarebbe. Almeno su quattro temi rispetto ai quali la convergenza appare netta: giustizia, nucleare, Ucraina e premierato. Non c'è alcun piano (diabolico) per sostituire partiti in maggioranza. All'orizzonte non c'è una crisi di governo o un Meloni bis. Anche perché, i numeri non lo consentirebbero. Forza Italia e Lega hanno il doppio del numero dei parlamentari di Azione. Qualsiasi operazione in tal senso sarebbe destinata a fallire. Al contrario, il ruolo di Calenda sarebbe quello di puntellare, rendere più solida, la maggioranza in alcuni passaggi politici cruciali. Insomma, diventare l'amante ideale per far ingelosire Salvini. Sulla politica estera, in particolare rispetto alla guerra in Ucraina, Meloni va d'amore e d'accordo con Calenda. Sul premierato, Azione è pronta a votare la riforma meloniana. E anche sulla Giustizia, i voti dei calendiani sono garantiti.

Ecco che dal Roma Life Hotel Meloni manda segnali al suo vice Salvini che, invece, a Padova incontrava il popolo del Carroccio in cammino verso il congresso. Il leader della Lega non arretra sul piano di riarmo e conferma il «no». Una posizione che si scontra con la linea del presidente del Consiglio. «Ma Salvini non può tirare troppo la corda», dicono in via della Scrofa.

Meloni, andando da Calenda, manda un messaggio agli alleati: basta distinguo e litigi. Messaggio che però cade nel vuoto. Anche ieri Forza Italia e Lega hanno ricominciato a litigare.

Stavolta il casus belli è la riforma della cittadinanza. I leghisti contestano la riforma voluta dal ministro degli Esteri Antonio Tajani. Forza Italia ribatte. L'ennesimo scontro che costringe (e convince) Meloni a tenere acceso e pronto il «forno» di Calenda.

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