Mazzette per 100mila euro al dg Sogei

Il manager Iorio avrebbe ricevuto tangenti "bimensili" da ricambiare con appalti

Paolino Iorio
Paolino Iorio
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Dopo il suo arresto in flagranza, durante lo scambio di una presunta «tangente», nell'interrogatorio davanti ai pm romani ieri avrebbe dichiarato di «aver preso 100mila euro in nero» dallo stesso imprenditore che gli stava consegnando altri soldi quando entrambi sono stati fermati dagli uomini della Guardia di Finanza.

Secondo i magistrati, nell'inchiesta del sostituto procuratore Gianfranco Gallo, il direttore generale di Sogei Paolino Iorio avrebbe ricevuto presunte mazzette dall'imprenditore Massimo Rossi, per indirizzare gli appalti in favore delle sue società. É stata chiesta per lui la convalida dell'arresto. Si è avvalso invece della facoltà di non rispondere Rossi. Di certo nelle ultime ore è stata acquisita una «mole enorme di documenti» nelle perquisizioni ai 18 indagati e alle 14 società coinvolte in un presunto giro di mazzette sugli appalti non solo di Sogei ma anche dei ministeri della Difesa e dell'Interno. Il presunto sistema corruttivo avrebbe lambito dunque non solo la società in house del Mef, che si è dichiarata estranea e parte lesa, e i cui vertici saranno sentiti in commissione di vigilanza sull'Anagrafe tributaria, ma avrebbe «ramificazioni» nei due dicasteri, scrivono i pm. Per l'accusa Iorio avrebbe «indebitamente» ricevuto in più occasioni, verosimilmente «con cadenza bimensile», somme di denaro da Rossi «per l'esercizio delle sue funzioni». Il tutto «a fronte di una serie di contratti stipulati con Sogei» per un valore complessivo di oltre 100 milioni di euro. Resta da capire come abbia motivato Iorio il denaro ricevuto «in nero» da lui stesso dichiarato in sede di interrogatorio. L'avvocato Giorgio Perroni non commenta.

Sono state le intercettazioni ambientali e telefoniche a permettere agli inquirenti di allargare le indagini oltre Sogei. Dall'ascolto delle conversazioni dell'imprenditore Rossi, è emersa la figura di un altro indagato, un militare della marina distaccato allo Stato maggiore della Difesa, Antonio Masala, che avrebbe percepito «dazioni corruttive» in cambio di informazioni riservate sugli appalti. E da lui si è arrivati a indagare per corruzione anche l'uomo di riferimento di Elon Musk in Italia, Andrea Stroppa, a cui sono stati sequestrati pc e telefoni. Stroppa sarebbe stato avvicinato dal militare nell'ambito della prospettiva «del progetto volto all'acquisizione da parte del governo del sistema satellitare (Starlink ndr) realizzato e fornito dal gruppo statunitense» di Musk.

Secondo l'accusa Masala avrebbe «inoltrato» al giovane analista un documento riservato della Farnesina «redatto a margine di una riunione tenutasi in data 29 agosto scorso» e che aveva «ad oggetto la valutazione del progetto finalizzato all'impiego con scopi militari prima e dual use dopo, delle tecnologie satellitari fornite dall'azienda americana Space X». Il ministero degli Esteri però ha precisato che non si tratterebbe di un documento «riservato», così come invece sottolineato dai pm.

Ma di un documento interno, «un elenco di necessità espresse dal ministero (il numero delle ambasciate e consolati) da collegare al sistema» satellitare Starlink «se eventualmente fosse andata avanti». Anche per questa ragione Stroppa auspica «che possa essere accertata in tempi rapidi la mia totale estraneità».

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