L e Ong pattugliano il Mediterraneo. Ed è sfida per raccogliere immigrati in mare. Per raggiungerli prima della guardia costiera libica e, questo appare scontato, portarli in Italia. Mediterranea Saving Humans con la sua barca a vela Alex, che prima serviva solo come nave da appoggio, ha fregato sul tempo la motovedetta libica, prendendo a bordo 54 migranti, tra cui 11 donne (tre incinte) e quattro bambini. «La motovedetta libica è arrivata tardi scrive la Ong prima intima l'alt e poi si allontana dalla scena». Già, perché, fortuna per loro, la guardia costiera ha deciso di non dovere passare alle maniere forti. Lo ha detto all'Agi il portavoce della Guardia costiera libica, l'ammiraglio Ayoub Qassem, che accusa le Ong di «favorire i trafficanti di esseri umani. In caso di intervento anche di una nave delle Ong ha detto - noi non entriamo in azione perché non vogliamo scontri, lo segnaliamo semplicemente alla controparte europea e italiana».
Il primo pensiero di Mediterranea Saving Humans è stato quello di twittare che la guardia costiera libica stava inviando una motovedetta in zona Sar. «Devono essere salvati, non riportati in Libia» scrive la Ong, e poi, una volta arrivati prima dei libici, continua che bisogna «trovare un porto sicuro». «Vadano in Tunisia» suggerisce il ministro dell'Interno Matteo Salvini, ma la destinazione sarà probabilmente l'Italia. Si profila all'orizzonte un nuovo caso Sea Watch, con la differenza che adesso le Ong si sentono legittimate a farlo grazie alla benedizione ricevuta con il verdetto di lasciapassare per il comandante della Sea Watch 3, Carola Rackete, che ha commesso violazioni (anche pesanti) della legge italiana, ma, vista la «scriminante» legata all'avere agito «all'adempimento di un dovere», quello di salvare vite umane in mare, le è stato perdonato tutto.
«Non temiamo un nuovo caso Sea Watch» spiega Alessandro Metz, armatore e portavoce di Mediterranea. «Non ce ne sarebbe motivo - sottolinea - nel momento in cui dovesse essere usato in modo improprio qualsiasi ostacolo, rallentamento o impedimento allo sbarco nel porto sicuro più vicino dovremmo fare i conti con un atto contrario alla legge. Cosa che sta avvenendo, ma noi partiamo dal presupposto che le normative valgono per tutti».
Questa non è stata l'unica partenza in mare di questi giorni. Complici il bel tempo e probabilmente anche la notizia che una rete di Ong (le navi Alex, Open Arms e Alan Kurdi di Sea-Eye) è tornata a pattugliare il Mediterraneo, altri gommoni hanno lasciato le coste libiche carichi di immigrati. Di uno si sono perse le tracce. «Solo cinque persone sono sopravvissute» informa in un tweet Alarm Phone, la linea telefonica organizzata per raccogliere messaggi di migranti in difficoltà nel Mediterraneo, parlando di 80 persone disperse (82 secondo l'Oim) in un naufragio avvenuto mercoledì non lontano dalle coste di Zarzis, al largo della Tunisia.
Alarm Phone è in contatto con Chamseddine Marzoug, volontario della Mezzaluna rossa tunisina, che ha riportato la tragica notizia del naufragio a cui si aggiunge pure quella della morte in ospedale di uno dei sopravvissuti (tre secondo l'Oim). Era stato soccorso con i compagni di sventura da un peschereccio tunisino. In mare è stato trovato il relitto di una barca, ma probabilmente si tratta di un naufragio «fantasma».
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