Profluvi di parole sulle quote rose, discorsoni accalorati contro il maschilismo imperante in politica. Battaglie indignate per affermare il ruolo femminile nella società: "Se non ora, quando?". E poi, predicozzi sulla cultura patriarcale che impedirebbe al gentil sesso di accedere ai ruoli apicali della classe dirigente. Le lotte ideologiche della sinistra, di colpo, sono finite nel dimenticatoio. Sfrattate, messe in discussione, declassate. D'un tratto - con un raccapricciante dietrofront - i progressisti hanno deciso che ci sono donne meno donne di altre. E il motivo è presto detto.
La sola possibilità che Giorgia Meloni possa andare al governo, magari persino nel ruolo di premier, ha mandato letteralmente in tilt la sinistra: le odierne parole di Enrico Letta ne sono la dimostrazione plastica. Invitato a commentare alcune valutazioni della leader di Fratelli d'Italia, che aveva riflettuto sulla novità di un'eventuale premiership al femminile, il segretario dem si è inventato un'acrobazia retorica pur di delegittimare l'ascesa dell'avversaria politica. "Il tema di fondo è quello di una donna premier che porta avanti politiche maschiliste. Allora è molto meglio un uomo premier che porta avanti politiche femministe. Nel nostro Paese questo punto è essenziale", ha dichiarato il capo del Pd, asserendo che "Giorgia Meloni e il suo partito hanno portato sempre avanti politiche maschiliste".
Di colpo, i sermoni sulla necessità di avere più donne in politica sono diventati un concetto rivedibile. Se la donna è di destra - ne deduciamo - per i progressisti certi dogmi sulle quote rosa valgono un po' meno. Tutto diventa relativo, dipende da che parte (politica) lo si guardi. "Il ruolo della donna va valorizzato, non è una questione del genere del primo ministro, ma la questione sono le politiche, perché un primo ministro donna che fa politiche maschilista, sarebbe la cosa peggiore per le donne italiane", ha poi aggiunto Enrico Letta, cercando di argomentare meglio il proprio pensiero. Ma anche in questo caso il ragionamento non ha convinto.
I buoni propositi sulla valorizzazione del gentil sesso, infatti, dovrebbero valere sempre. Al di là delle idee politiche o degli orientamenti di cui ciascuna donna è legittimamente portatrice. Letta è dunque caduto in un'evidente contraddizione tutta interna alla sinistra, disvelata di fronte all'ipotesi di una rivoluzione rosa proveniente dal centrodestra. "Se una una donna per la prima volta arrivasse alla guida del governo, sfido chiunque a dire che non significherebbe rompere un tetto di cristallo, che in Italia c’è e che penalizza le donne, che produce il gender gap, che produce salari più bassi a parità di lavoro, che produce discriminazione per le donne in età fertile, che produce una serie di problemi che stanno tutti scritti nel programma di Fratelli d’Italia", aveva infatti ragionato stamani la stessa Giorgia Meloni, aprendo un dibattito sul tema.
Ma siccome le politiche in favore delle donne promosse dalla Meloni e dal centrodestra non corrispondo a quelle del Pd, ecco l'improvvisa virata. L'improvviso relativismo a tinte rosa (anzi rosse).
Allora, "molto meglio un uomo premier": parola di Letta. Chissà cosa ne pensano le femministe militanti e le attiviste di sinistra che mai vorrebbero sentire un uomo discorrere di questi temi. Anche per queste ultime, il cortocircuito ideologico è servito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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