nostro inviato a Washington
Due visite Oltreoceano in meno di un mese. La prima il 5 gennaio, un blitz a sorpresa direttamente a Mar-a-Lago, la residenza in Florida di Donald Trump. La seconda l'altro ieri a Washington, un viaggio lampo per presenziare al giuramento dell'ex tycoon come 47esimo presidente degli Stati Uniti. E non è affatto escluso questo filtrava ieri da ambienti diplomatici americani che si possa arrivare a una terza trasferta negli Stati Uniti già nei prossimi mesi, magari entro marzo, con la premier italiana che potrebbe essere ricevuta alla Casa Bianca per il primo faccia a faccia ufficiale, quello che il protocollo diplomatico definisce «bilaterale».
D'altra parte, che il rapporto tra Trump e Meloni sia più che solido non è certo un mistero. Ed è certificato dal fatto che la premier era l'unico capo di governo europeo presente due giorni fa nella rotonda di Capitol Hill. Una scelta ponderata e di cui erano al corrente anche i vertici dell'Ue, con buona pace di chi racconta di una presunta irritazione di Ursula von der Leyen per non essere stata invitata. Peraltro, la prassi dell'inauguration day che si ripete uguale a se stesso da secoli non ha mai previsto che tra i presenti ci fosse il presidente della Commissione Ue. L'eccezione, insomma, è stata allargare l'invito a Meloni. Il cui canale aperto con la nuova amministrazione americana può far comodo anche all'Europa. Non è un caso che il leader della Cdu Friedrich Merz - probabile prossimo cancelliere tedesco - ieri avesse parole di elogio per la premier italiana: «Non capisco le riserve nei suoi confronti, penso sia veramente pro-europea ed è non solo interessante ma anche necessario parlare con lei più spesso di quanto fatto in passato».
Il primo contraccolpo dei ritorno alla Casa Bianca di Trump, dunque, riguarda i rapporti commerciali tra Usa e Ue, con il rischio concretissimo che l'ex tycoon introduca dazi e misure protezionistiche che andrebbero a colpire pesantemente un'economia europea già segnata dalla crisi energetica e dalle tensioni con la Cina. L'Europa spera in un rapporto non conflittuale con l'amministrazione americana entrante, tanto che la stessa von der Leyen nel fare gli auguri a Trump si è detta «ansiosa di lavorare a stretto contatto con lui per affrontare le sfide globali». Ma a Bruxelles ci si prepara anche al peggio e si studiano strategie di «mitigazione». Insomma, è questo il vero fronte caldo tra Usa e Ue. E Meloni nelle sue interlocuzioni con Trump potrebbe essere un alleato importante per gli interessi europei. Anche perché l'Italia rischia di essere uno dei Paesi dell'Ue più colpiti da eventuali politiche protezioniste statunitensi. Essere all'inauguration day e porre le basi per una prossima visita alla Casa Bianca, dunque, serviva anche a questo. A «creare le condizioni per un'eventuale trattativa in cui cercare di ridurre l'impatto di eventuali dazi» se il dialogo tra Stati Uniti e Europa dovesse nei prossimi mesi prendere una brutta piega.
Certo, sul tavolo ci sono anche altri dossier, dalle spese per la difesa all'Ucraina. Questioni di cui Meloni ha parlato a Washington negli incontri avuti con il consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Waltz e con il segretario di Stato Marco Rubio. E ieri la premier italiana ha avuto un colloquio con il presidente del Consiglio Ue Antonio Costa in vista del Consiglio informale del 3 febbraio.
Nel corso della telefonata, Meloni ha «sottolineato l'esigenza di rafforzare concretamente il pilastro europeo della Nato, anche sul fronte della competitività dell'industria europea di Difesa» sostenendo «l'urgenza di nuovi e più efficaci strumenti comuni per sostenere gli ingenti investimenti necessari».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.