Nelle due riunioni a Palazzo Chigi su balneari (allargata ai partiti) e Mes (solo i leader più i ministri Giancarlo Giorgetti e Raffaele Fitto e il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari) il convitato di pietra è la riforma del Patto di stabilità. Il pressing su Bruxelles delle ultime settimane, infatti, non sembra aver portato i risultati sperati. E il ministro dell'Economia non nasconde il timore che la trattativa per rivedere le regole di bilancio dei Ventisette finisca per penalizzare fortemente l'Italia. Lo dice chiaramente Giorgetti, con toni e argomenti che sottolineano quanto la preoccupazione sia forte. È per questa ragione - tirando le somme delle due riunioni - che Giorgia Meloni decide di allentare la presa sul Mes, la cui ratifica è attesa a Bruxelles da mesi ed è ormai diventata elemento di forte tensione in ogni riunione dei ministri economici dell'Ue. Mentre apre all'ipotesi di un decreto legge sui balneari - altro dossier su cui la Commissione europea è molto sensibile - che parta però dal risultato del tavolo tecnico secondo cui in Italia non c'è una «scarsità della risorsa» (cioè delle spiagge). Un provvedimento che dovrà quindi essere concordato con Bruxelles, pena il rischio di una procedura d'infrazione.
Il nodo politico più pressante, però, resta quello del Mes. Che Meloni, come ha più volte ripetuto pubblicamente, vuole utilizzare nell'ambito di una trattativa più ampia che comprenda anche la riforma del Patto di stabilità e il completamento dell'unione bancaria. Il via libera del governo italiano - come è noto - per quanto non piaccia né a Meloni, né a Matteo Salvini, prima o poi dovrà arrivare. E la prossima settimana era atteso nell'Aula della Camera il ddl di ratifica. Sembrava, insomma, che il nodo potesse finalmente arrivare al pettine. Il calendario di Montecitorio, però, è piuttosto affollato, compreso il dibattito sul salario minimo. E questo dà un certo agio alla maggioranza per far scivolare più in là la ratifica del Mes. Con due possibili strade: rimandare il testo in Commissione per emendarlo con una norma che escluda che l'Italia faccia richiesta di accesso al Meccanismo europeo di stabilità (emendamento che potrebbe essere presentato anche direttamente in Aula) oppure aprire un confronto sulla proposta di mediazione avanzata dal Pd (l'approvazione della cosiddetta «clausola alla tedesca», per cui «la eventuale futura attivazione può essere fatta solo con una maggioranza parlamentare qualificata»). Scenario, quest'ultimo, che appare davvero improbabile.
L'obiettivo,
insomma, è prendere tempo. E recapitare a Bruxelles un segnale distensivo (una prima apertura sul Mes) in attesa che arrivi l'8 dicembre, giorno in cui a Bruxelles si terrà un Ecofin decisivo per le sorti del Patto di stabilità.
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