
All'altare della Patria, nell'80° anniversario della Liberazione, la premier Giorgia Meloni è accanto al capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel momento solenne della deposizione della corona alla tomba del Milite Ignoto. Le sue parole, affidate a una nota poco dopo, stroncano sul nascere la scia di polemiche e di accuse di ambiguità con il passato che la accompagnano ogni 25 aprile: «Oggi l'Italia celebra l'ottantesimo Anniversario della Liberazione. In questa giornata, la Nazione onora la sua ritrovata libertà e riafferma la centralità di quei valori democratici che il regime fascista aveva negato e che da settantasette anni sono incisi nella Costituzione repubblicana». E poi, l'invito a superare le divisioni ideologiche, per ritrovare nella giornata un senso di appartenenza comune: «La democrazia trova forza e vigore se si fonda sul rispetto dell'altro, sul confronto e sulla libertà e non sulla sopraffazione, l'odio e la delegittimazione dell'avversario politico. Oggi rinnoviamo il nostro impegno affinché questa ricorrenza possa diventare sempre di più un momento di concordia nazionale, nel nome della libertà e della democrazia, contro ogni forma di totalitarismo, autoritarismo e violenza politica».
Un invito, quello della premier, che dalla piazza il segretario della Cgil Maurizio Landini, non raccoglie. Quelle parole, dice, non le ha sentite: «Ho sentito quelle del presidente della Repubblica da Genova e mi paiono davvero parole di chi rappresenta tutti noi». Sulla concordia nazionale? «Credo che questa sia una giornata che unisce il nostro Paese, ma non si può far finta di nulla: il nostro Paese per essere libero ha dovuto sconfiggere nazisti e fascisti, c'è stata anche una guerra civile. È grazie agli antifascisti che oggi c'è la libertà per tutti. La storia è questa, non la si può cambiare. A noi - continua - di lezioni sulla democrazia non ce ne deve fare nessuno. E se vogliono, glielo diciamo anche con la sobrietà necessaria: la democrazia e la libertà esistono in questo Paese grazie agli antifascisti», conclude pungendo sull'invito a manifestazioni sobrie nel rispetto del lutto nazionale.
Parole che indignano i Fratelli d'Italia che rivendicano, in una nota, di essere stati gli unici ad aver ricordato «il vero significato di unità nazionale». Visto che, sottolinea la vice capogruppo Elisabetta Gardini, «anche quest'anno il 25 aprile è stato segnato da tensioni. C'è chi lavora per costruire un sentimento nazionale unificante e chi, invece, continua a tifare per un eterno odio tra fazioni». Per l'azzurra Licia Ronzulli, «Landini non perde occasione per alimentare la tensione, usando termini che confermano la sua natura nostalgica, dei tempi in cui le piazze erano incendiate da scontri e conflitti sociali». E se Carlo Calenda, Azione, riconosce invece alla premier Meloni di aver detto parole «inequivocabili e appropriate», per Angelo Bonelli, Avs, non bastano: «Poteva dire anche qualcosa di più», ad esempio «che l'Italia è una Repubblica antifascista, almeno però ha pronunciato le parole regime fascista». Anche il senatore del Pd Walter Verini, insiste: «Perché tanto imbarazzo, tanti freni a mano tirati?». Difficile parlare di freni a mano a sentire le dichiarazioni degli altri esponenti del governo. Del ministro degli Esteri, Antonio Tajani: «Una festa che deve unire e non deve dividere. Il 25 Aprile è stata la vittoria di tutta l'Italia. Non è la festa dell'odio e delle inimicizie, la politica deve mettersi a servizio della pace». E del ministro dell'Istruzione, Giuseppe Valditara: «La resistenza è stata un fenomeno plurale e pluralistico, ha coinvolto tante donne e tanti uomini che sono morti per la libertà d'Italia.
Oggi voglio ricordare anche quei partigiani azionisti, cattolici, liberali, socialisti, che spesso sono stati dimenticati in passato e hanno dato tuttavia un contributo fondamentale, combattendo per liberare l'Italia dal nazifascismo».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.