La Meloni smonta il caso e pubblica sul suo profilo il monologo di Scurati. "Non chiedo mai censure"

Lo spartito comunicativo è quello che risuona in Italia da oltre venti anni

La Meloni smonta il caso e pubblica sul suo profilo il monologo di Scurati. "Non chiedo mai censure"
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Lo spartito comunicativo è quello che risuona in Italia da oltre venti anni. Un ritornello che in vicinanza delle elezioni viene eseguito con particolare intensità e con un testo standard che prefigura lo spettro del ritorno del fascismo e condanna un regime illiberale, naturalmente votato alla censura e alla repressione del libero pensiero. Il caso nasce quando Serena Bortone racconta del monologo annullato. Le reazioni del centrosinistra sono tutte all'insegna dell'indignazione. Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori arriva a proporre ai colleghi di leggere il monologo il 25 aprile.

Qualcuno, però quel monologo decide di renderlo pubblico. E non è la sinistra a farlo. La polemica è vibrante. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni riceve le agenzie sul suo telefonino. Dopo aver verificato i contorni della vicenda e aver compreso che un pezzo non trascurabile della narrazione - quello relativo alla natura contrattuale del problema - viene ignorato, la premier si consulta con il suo inner circle. Fa subito capire di essere intenzionata a intervenire e di volersi smarcare dalla polemica, nonostante Scurati nel suo monologo punti il dito contro di lei.

Alla fine è la stessa Meloni a decidere di prendere l'iniziativa e a spiazzare tutti con una mossa a sorpresa. Chiama il suo capo dei social Tommaso Longobardi e gli detta una sorta di lettera aperta. Aggiungendo una postilla e una richiesta: pubblichiamo noi il monologo di Scurati, dimostriamo che non abbiamo nulla da nascondere o da temere e che le accuse di censura nei confronti del suo governo possono assumere contorni surreali. «In un'Italia piena di problemi, anche oggi la sinistra sta montando un caso. Stavolta è per una presunta censura a un monologo di Scurati per celebrare il 25 Aprile. La sinistra grida al regime, la Rai risponde di essersi semplicemente rifiutata di pagare 1.800 euro (lo stipendio mensile di molti dipendenti) per un minuto di monologo. Non so quale sia la verità, ma pubblico tranquillamente io il testo del monologo (che spero di non dover pagare)», scrive su Facebook Meloni allegando il testo dello scrittore. «Lo faccio per due ragioni: Perché chi è sempre stato ostracizzato e censurato dal servizio pubblico non chiederà mai la censura di nessuno. Neanche di chi pensa che si debba pagare la propria propaganda contro il governo con i soldi dei cittadini. Perché gli italiani possano giudicarne liberamente il contenuto».

In serata Scurati risponde alla premier: «Leggo sue affermazioni che mi riguardano - scrive su Repubblica - Ebbene, la informo che quanto lei incautamente afferma, pur ignorando per sua stessa ammissione la verità, è falso sia per ciò che concerne il compenso sia per quel che riguarda l'entità dell'impegno. Non credo di meritare questa ulteriore aggressione diffamatoria. Io non ho polemizzato con nessuno - precisa - né prima né dopo. Sono stato trascinato per i capelli in questa vicenda.

Io ho solo accolto l'invito di un programma della televisione pubblica a scrivere un monologo a un prezzo consensualmente pattuito con la stessa azienda dall'agenzia». «Il mio pensiero su fascismo e postfascismo, ben radicato nei fatti - ribadisce - doveva essere silenziato».

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