Meloni "stringe" sulla rotta Balcanica e con Michel rilancia il "modello Albania"

Piantedosi: i migranti che attraversano il confine italo-sloveno passano dalla Croazia. E Palazzo Chigi proroga fino al 9 dicembre la sospensione di Schengen con Lubiana

Meloni "stringe" sulla rotta Balcanica e con Michel rilancia il "modello Albania"
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Italia e Croazia sono separate da meno di 25 chilometri di Slovenia e condividono un confine marittimo nel Golfo di Trieste. Eppure erano venti anni che un presidente del Consiglio italiano non veniva in visita a Zagabria (l'ultimo fu Silvio Berlusconi nel 2003). Anche per questa ragione Giorgia Meloni ha deciso di rompere il tabù e ieri sera alle 19 è atterrata nella capitale croata.

Questa mattina alle 9.30, la premier avrà il suo primo bilaterale con il suo omologo Andrej Plenkovic e, a seguire, incontrerà il presidente del Sabor (il Parlamento della Croazia) Gordan Jandrokovic. Sul tavolo ci sono ovviamente gli interessi economici e commerciali comuni, che fanno leva sul ruolo prominente degli istituti finanziari italiani presenti sul territorio croato e su una costante crescita dell'interscambio commerciale. Ma uno dei dossier principali della visita sarà il capitolo immigrazione, visto che la Croazia è uno dei principali punti di passaggio della cosiddetta rotta balcanica, un percorso variabile che dalla Turchia e dalla Grecia arriva fino ai confini orientali dell'Ue e lungo il quale si muovono migranti che arrivano dal Medio Oriente (Siria e Iraq), dall'Asia centrale (Afghanistan) e meridionale (Pakistan, Bangladesh e India) e dall'Africa settentrionale (passando dal Sinai per poi risalire). Insomma, uno snodo fondamentale dell'immigrazione illegale, con Croazia, Ungheria, Romania e Bulgaria che sono ormai diventati punti di transito fondamentali per entrare nell'Ue.

Per capire quanto il fronte sia considerato sensibile dal governo italiano, basta tornare indietro di un mese, all'audizione del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi davanti al Comitato parlamentare Schengen. «La quasi totalità dei migranti che attraversano il confine italo-sloveno ha precedentemente fatto ingresso in Croazia via terra», spiegava il titolare del Viminale, sottolineando che da quando - il primo gennaio di quest'anno - Zagabria è entrata nell'area Schengen, c'è stato un «ampliamento della linea di confine dell'Unione» e lo «spostamento dei controlli di frontiera dal confine sloveno-croato a quello croato-bosniaco», con un deciso «affievolimento» della vigilanza. Anche per questo, dopo la crisi israelo-palestinese, lo scorso 21 ottobre undici Paesi Ue - Italia compresa - hanno deciso di sospendere il trattato di Schengen. Roma ha così reintrodotto i controlli alla frontiera con la Slovenia, misura in scadenza il 19 novembre ma che Piantedosi - d'intesa con Palazzo Chigi - ha già deciso di prorogare per altri venti giorni (fino, almeno, al 9 dicembre). Una stretta che dal 21 ottobre al 12 novembre - dati del Viminale - ha portato al controllo e alla registrazione di 41.526 persone e 23.105 veicoli in ingresso, con 623 stranieri irregolari rintracciati e 19 arresti per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Ieri sera, invece, la premier ha avuto una cena al Banski Dvori (il palazzo del governo di Zagabria) con il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, il primo ministro croato Plenkovic, il premier maltese Robert Abela e quello polacco Mateusz Morawiecki (assente lo slovacco Robert Fico, impegnato a Bratislava con un delicato voto di fiducia in Parlamento). Un appuntamento che si inserisce in una serie di quattro cene (le altre a Parigi, Berlino e Copenaghen) organizzate da Michel per discutere l'agenda strategica dell'Ue. E che per Meloni è la prima occasione di confronto faccia a faccia con i vertici delle istituzioni europee dopo l'accordo sui migranti tra Italia e Albania.

La commissaria per gli Affari interni dell'Ue, Ylva Johansson, si è limitata a dire che il servizio giuridico della Commissione considera l'accordo «al di fuori» del diritto Ue, parole ben accolte dal ministro Raffaele Fitto anche se, di fatto, rappresentano una dichiarazione di «non competenza». Meloni resta più che convinta della bontà di una «soluzione innovativa» come l'intesa con Tirana. Un'iniziativa - dice - che «sta suscitando molto interesse» e «potrebbe diventare un modello per il futuro».

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