Meloni da Trump. La realpolitik dell'Ue e l'intesa con Ursula. L'idea di un incontro e il timore sui dazi

La premier atterrata nella notte. La necessità di Bruxelles di un canale con il tycoon. A Capitol Hill Fdi presente con Ecr

Meloni da Trump. La realpolitik dell'Ue e l'intesa con Ursula. L'idea di un incontro e il timore sui dazi
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nostro inviato a Washington

Quando in Italia è già notte fonda, Giorgia Meloni atterra in una Washington funestata da temperature polari e tirata a lucido per l'inauguration day. La sua è una visita lampo, per presenziare oggi al giuramento di Donald Trump e ripartire per Roma già in tarda serata. Con una sola incertezza, visto che la premier italiana - unico capo di governo europeo presente a Capitol Hill - potrebbe non limitarsi ad assistere dalle prime file all'inizio della seconda era Trump, ma anche avere un colloquio a margine con il nuovo presidente. Più probabilmente prima del giuramento, più difficilmente dopo. Ovviamente non sarà un bilaterale strutturato, perché la tempistica di questo rituale che risale al Settecento è sì fatta di poche regole scritte e molte tradizioni consuetudinarie, ma è comunque scadenzata in maniera ferrea. Ma - questa è la previsione - non sarà neanche una fugace stretta di mano. Insomma, si sta lavorando a un faccia a faccia di almeno una decina di minuti, un riconoscimento per la premier e l'occasione per Trump di «ringraziarla» di una presenza non scontata. Qualcuno ipotizza possa avvenire già nella notte, in occasione della cena di gala al National building museum a cui nella serata americana di ieri - l'alba di stamattina in Italia - ha partecipato anche l'ex tycoon. Altamente improbabile, anche perché l'appuntamento - molto importante - è soprattutto a uso interno e non ha mai coinvolto leader stranieri. Altri pensano che sia in programma oggi, magari alla Casa Bianca, eventualità anche questa quasi inverosimile. Però, che alla fine un incontro ad hoc ci sarà viene considerata l'ipotesi più plausibile. Tutti scenari, questi, che non filtrano da ambienti vicini a Palazzo Chigi, ma da fonti dell'amministrazione entrante. Secondo le quali il dossier non sta seguendo i consueti canali diplomatici ma sarebbe in capo a Meloni con interlocuzioni dirette con Trump e la sua cerchia.

Quel che è certo, invece, è che dopo il forfait di Viktor Orbán la premier italiana sarà l'unico leader europeo presente. Una decisione che Meloni ha preso in prima persona, ma raccordandosi con i vertici Ue. Esattamente come era accaduto per la visita lampo a Mar-a-Lago dello scorso 5 gennaio. In quell'occasione, fu Raffaele Fitto a tenere i contatti con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. E fu proprio la sua portavoce, Paula Pinho, a far sapere che la numero uno di Palazzo Berlaymont aveva avuto una telefonata con Meloni per «preparare» insieme la missione in Florida. Allo stesso modo, anche per la presenza all'inauguration day c'è stato un coordinamento con i vertici Ue. Che non sono stati invitati alla cerimonia, ma che conoscono bene l'arte della realpolitik e sono consapevoli di quanto possa essere importante per l'Europa avere un canale con la nuova amministrazione Usa. Sono tanti, infatti, i dossier chiave su cui Trump può incidere pesantemente rispetto agli interessi del Vecchio continente, dai dazi al conflitto in Ucraina. E non solo von der Leyen fa fatica a relazionarsi direttamente con l'ex tycoon, ma ci sono anche Francia e Germania che, per ragioni diverse, stanno vivendo un momento di profonda debolezza. Insomma, come sostiene il capo-delegazione Fdi a Bruxelles Carlo Fidanza, l'invito di Trump a Meloni è «la conferma di un rapporto privilegiato che farà bene all'Italia ma anche all'Ue, a patto che ritrovi se stessa». Sulla stessa linea Andrea Di Giuseppe, deputato Fdi eletto negli Usa. Meloni - ripete da tempo - può davvero ritagliarsi il ruolo di «ponte» tra Stati Uniti e Ue. Dove a preoccupare sono soprattutto i dazi, una delle ragioni per cui la nostra diplomazia non ha nascosto il suo scetticismo sulla presenza di Meloni a Washington. Il timore, infatti, è che tra i numerosi ordini esecutivi che il nuovo inquilino della Casa Bianca vuole firmare ce ne sia uno proprio sulle politiche commerciali verso l'Ue (basti pensare che nel 2024 solo gli scambi tra Stati Uniti e Italia hanno superato i 60 miliardi di euro).

Insieme a Meloni, a Washington ci saranno anche i vertici di Ecr. Una delegazione guidata dal suo successore alla presidenza del partito dei Conservatori, l'ex premier polacco Mateusz Morawiecki.

E con una folta presenza di esponenti di Fdi, dal vicepresidente di Ecr Fidanza al segretario generale Antonio Giordano. Ieri sera hanno partecipato al gala di Americans for Tax Reform, un think thank conservatore anti-tasse, e stasera saranno ospiti dell'Iri (l'International republican institute).

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