"Mentire per l'islam è una tattica di guerra"

L'esperto: "Guai a cadere nella trappola della taqiyya: fingono per sottometterci"

"Mentire per l'islam è una tattica di guerra"

Harold Rhode, uno degli allievi preferiti del maggiore storico del Medio Oriente, Bernard Lewis, ha lavorato per 28 anni al Pentagono nell'Ufficio del Dipartimento per la Difesa come consigliere sulla cultura Islamica. Esplicito e anticonformista, autore di molti libri, membro del Gatestone Institute e del Jerusalem Center for Public Affairs, la sua idea è che niente potrà dissuadere i talebani dal loro disegno originario, una guerra totale all'Occidente tramite il terrorismo.

Ma oggi, dottor Rhode promettono che non verrà torto un capello a nessuno e che la loro «inclusività» verrà confermata dalla politica prossima ventura.

«Chi mostra di crederci, coltiva inutili speranze. Non c'è la minima chance al mondo che i talebani cambino la loro determinazione a un governo totalitario della Sharia, oggi sul loro popolo e domani su tutto il mondo, è solo la prudenza. Trump aveva indicato una via d'uscita diversa da quello di Biden».

Ma è Trump che ha gettato le basi del disastro.

«Trump aveva detto: ce ne andiamo, ma se osate tornare a spadroneggiare, a uccidere, a torturare, di voi non resterà traccia. L'unica cosa che può fermare una forza integralista e shariatica come i talebani, è la paura di essere annientati, che è andata sparendo con Biden. E la deterrenza è l'unico sistema per bloccarli».

L'idea di abbandonare il campo come soluzione di pace è molto frequentata dall'Occidente.

«Innanzitutto, quando si occupa un Paese straniero per eliminare, come fece Israele col Libano, milizie terroriste che ti minacciano, si deve agire e poi uscire dal campo. Restare sul terreno a lungo costa denaro e vite umane».

E quindi? Lasciare che poi i terroristi costruiscano il loro potere?

«Niente affatto: le loro piramidi vanno destrutturate con la forza, poi si deve lasciare il campo, e se restano residui, avvertirli chiaramente che non osino riprendere quella strada. L'abbandono israeliano del Libano senza toccare il vertice degli Hezbollah, ha lasciato che essi diventassero i padroni del Paese; a Gaza lo stesso è successo con Hamas. Le strutture jihadiste, sciite e sunnite, vivono la loro guerra per la sharia e la jihad mondiale come una raison d'etre fondamentale. Come i talebani».

Questo significa che torneranno a colpire gli Usa?

«Questa è certamente la loro intenzione. La loro grande eccitazione non è determinata dal fatto che gli americani se ne siano andati, ma da come se ne sono andati, di corsa, senza colpo ferire. Ci pensi, i talebani hanno sconfitto tre imperi, quello inglese, quello russo, quello americano».

E tuttavia stanno cercando di apparire diversi, dando speranza a molti leader occidentali, a Guterrez, alla Merkel, anche agli italiani..

«Guai a cadere nella trappola della taqiyya, la dissimulazione per cui per il bene dell'Islam si può, anzi si deve, parlare il linguaggio del nemico, sorridere, trovare accordi. L'Iran è un perfetto esempio, i suoi rappresentanti non si peritano di condurre amichevoli trattative e di scambiare simpatetici punti di vista con tutti i rappresentanti occidentali. La verità è che il nostro mondo, per fedeltà alla sua cultura di pace, non vede l'ora di cascarci, anche quando si discutono questioni vitali come il nucleare su cui, appunto, l'Iran seguita a prendere il mondo per il naso da decenni. Il guaio è che così mettiamo a gran rischio la nostra civiltà».

L'Iran e i talebani hanno interesse a unire le loro forze per l'Islam. Pensa che questo sia possibile anche uno è sunnita e l'altro sciita?

«E già successo, come quando i figli di Bin Laden sono stati ospitati a Teheran, o quando Ismail Hanyye va a trovare gli ayatollah. Ma alla lunga il rapporto non regge, e contiene sempre un velato ricatto».

La Cina si avvantaggerà della situazione?

«L'Afganistan è ricco di metalli e di altre risorse che la Cina desidera, e Pechino ha un buon rapporto coi talebani ma loro sanno cosa fanno i cinesi ai loro fratelli musulmani nello Xinjang e anche la Cina non è fuori dai programmi talebani di islamizzazione del mondo. Anche qui la cultura ha il suo ruolo da giocare».

E in Medio Oriente?

«In Medio Oriente molti degli alleati degli americani, gli Emirati, i Sauditi, l'Egitto, Israele.. si stanno certo chiedendo se ci si può fidare degli americani in caso di bisogno. Mi sembra di sentire echeggiare un sonoro "no"».

Si può fare qualcosa?

«Salvare chi ha aiutato gli Usa in questi anni. Certo, purtroppo non si può immaginare di aprire i confini a tutti i musulmani del mondo».

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