Nell'estate del 2015 la Germania ha aperto le porte a un milione di migranti e a settembre la cancelliera Angela Merkel ha affermato che il numero di rifugiati che il Paese poteva accogliere non aveva «limiti». A un anno esatto di distanza, l'accoglienza tedesca non è più così calorosa. Se ancora a gennaio solo il 7 per cento dei migranti veniva respinto, ad agosto 1.070 persone su 2.300, cioè il 46 per cento, si sono viste sbattere la porta in faccia. A dettare il repentino cambio di politica non sono stati solo i 5,3 miliardi di euro spesi l'anno scorso per garantire un riparo e una vita dignitosa ai nuovi arrivati (il doppio rispetto al 2014).
I tedeschi hanno fatto la loro parte, rifilando al partito della Merkel, la Cdu, due batoste elettorali. La prima a inizio settembre nel Meclemburgo-Pomerania, dove la formazione di destra Alternativa per la Germania (Afd) ha superato la Cdu, che ha perso quattro punti percentuali rispetto al 2011. La seconda due settimane dopo, a Berlino, dove i cristiani democratici hanno perso quasi sei punti rispetto alle ultime consultazioni, riscuotendo il peggior risultato del dopoguerra. Visto che l'anno prossimo la Cancelliera si gioca la riconferma, se sceglierà di ricandidarsi, ha ben pensato di recitare un parziale mea culpa. Oggi la Germania rigetta più di un terzo delle richieste d'asilo, sta negoziando con Kabul un accordo per rimpatriare in massa i rifugiati provenienti dall'Afghanistan e ha addirittura paventato l'ipotesi di restituire molti migranti alla Grecia, che è sull'orlo della bancarotta. Se Berlino ha fatto un passo indietro, però, c'è anche una terza ragione. Ed è legata alla sicurezza.
Hans-Georg Maassen, capo dell'intelligence tedesca, non si stanca di ripetere che «i terroristi islamici stanno cercando di radicalizzare i rifugiati che arrivano qui in Germania. Abbiamo rapporti di intelligence che quotidianamente provano la pianificazione di attentati terroristici. Ma quello che mi spaventa di più è il tentativo di radicalizzare i migranti». I suoi timori sono stati poi ribaditi dal capo dipartimento della polizia di Francoforte, Wolfgang Trusheim: «Gli islamisti radicali sfruttano il fatto che i rifugiati non parlano tedesco e non capiscono la nostra cultura. Cercano di infiltrarsi nei centri che li ospitano facendo finta di essere dei traduttori o assistenti dei servizi sociali».
A questo campanello d'allarme se ne aggiunge un altro, suonato sempre da Maassen pochi giorni fa: «La crescita dei salafiti nel paese è fuori controllo, così si allarga il bacino di reclute per l'Isis». In Germania ci sono infatti circa 9.200 estremisti islamici salafiti. A giugno erano 8.900, mentre nel 2014 arrivavano a malapena a 5.500.
Il dato è preoccupante perché i salafiti sono i principali reclutatori di jihadisti e «si uniscono a gruppi come lo Stato islamico molto più spesso degli altri musulmani». Se si aggiunge che «nel paese ci sono decine di moschee estremiste», , come dichiarato da Stephan Mayer (Cdu), il problema non può essere ignorato. Gli elettori l'hanno capito, forse anche la Merkel.
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