Tardi. Forse troppo, perché lui non c'è più. Ma alla fine Angela Merkel apprezzava Silvio Berlusconi. E lo stimava proprio per il suo impegno per l'Europa. «In fondo - le sue parole - Berlusconi era un europeista». Lei non remava contro di lui e non cercò, come si è scritto infinite volte, di disarcionarlo. Ora l'ex cancelliera nega su tutta la linea che ci fosse il suo zampino nella caduta di Silvio Berlusconi in quel tormentato autunno del 2011.
L'occasione è una lunga intervista concessa a Paolo Valentino e Mara Gergolet per il Corriere della sera, in perfetta sincronia con l'uscita della sua monumentale biografia, Libertà, che nel nostro paese viene pubblicata da Rizzoli. Nella conversazione si torna dunque, dopo aver parlato di Putin e Trump, a quei mesi difficilissimi in cui lo spread dei nostri titoli danzava sull'orlo del precipizio. E qui arriva la domanda decisiva: «In particolare, lei avrebbe sollecitato un cambio di governo a Roma durante una telefonata con Giorgio Napolitano. Frau Merkel lei ha chiesto la testa di Silvio Berlusconi?»
«No - è la replica, per certi aspetti sorprendente - smentisco categoricamente. Non mi sono mai immischiata negli affari interni di un paese amico. E di questa variante non avevo mai sentito parlare». Nessuna chiamata a nessuno, tanto meno al Quirinale per suggerire un avvicendamento in corsa. Anzi, Merkel sostiene di non averne mai sentito parlare finora. In ogni caso si tira fuori dalle teorie cospirazioniste, descritte per la prima volta a suo tempo dal Wall Street Journal.
Di più, Merkel va oltre e cita la celeberrima conferenza stampa che tenne con Sarkozy, quella dei sorrisetti di schermo sul Cavaliere che fecero il giro del mondo. «È stato anche detto che una conferenza stampa di Nicolas Sarkozy e mia avrebbe contribuito alla caduta di Berlusconi. Non lo credo. Non è assolutamente possibile che un capo di governo straniero causi la caduta di un altro. Questo ha sempre a che fare con i fatti interni di un Paese».
Certo, quelle immagini rimangono ma lei le ridimensiona e strappa i fili che molti osservatori hanno immaginato fra le sue mani, dipingendola come una grande burattinaia. Non è vero, spiega lei. E Angela Merkel schizza un ritratto di Berlusconi che è assai diverso da quello che si potrebbe immaginare: «Con Silvio Berlusconi ho lavorato più amichevolmente di quanto molti pensavano. Si adoperava sempre per raggiungere comuni compromessi europei. Questo l'ho apprezzato». Ecco, Angela Merkel apprezzava Silvio Berlusconi e i suoi sforzi per costruire l'Europa. Le polemiche, i sospetti e i retropensieri sfumano all'orizzonte di quel tempestoso 2011.
Sono passati tredici anni e certe verità arrivano forse fuori tempo massimo, ma Merkel mette in evidenza se non una simpatia almeno una sensibilità comune sulla direzione di fondo: lei e Berlusconi spingevano per irrobustire le fondamenta di un'Europa fragile.
Certo, l'empatia è un'altra cosa e nella chiacchierata con il Corriere l'ex signora della politica tedesca racconta che il feeling scattò con un altro premier italiano: Matteo Renzi. «Da sindaco di Firenze catturò la mia attenzione una sua intervista a u giornale tedesco, in cui affermava che l'Italia doveva semplicemente fare delle riforme. Mi piacque molto e lo invitai alla Cancelleria».
«L'Italia - afferma l'ex cancelliera chiudendo questo capitolo - ha avuto due meravigliosi presidenti: Napolitano e Mattarella». Tempi vicini, ma altri tempi. Oggi quel che stride è il rapporto che Frau Merkel ebbe con Putin: «Conoscevo molto bene le sue intenzioni.
La questione era solo come reagire. La mia risposta non è stata di non avere alcun rapporto con Putin, ma piuttosto di cercare di impedire l'invasione dell'Ucraina attraverso colloqui». È andata male, ma questo allora non era così chiaro.
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