«Bisogna fare in fretta, serve un governo alla svelta. Verdi e Fdp vogliono sapere le nostre intenzioni». È questo, secondo la Bild, il primo commento di Angela Merkel, pronunciato in un vertice della Cdu, al voto di domenica. Fare in fretta, però, non sarà facile. Anche perchè la Democrazia Cristiana tedesca appare alle corde. Armin Laschet, il leader perdente, non ammette la sconfitta; si aggrappa a una possibile coalizione Giamaica con Verdi e Liberali e fa sapere, per dare concretezza alle sue parole, di avere trascorso la notte in lunghi conciliaboli con i vertici della Fdp.
Per questo Der Spiegel lo accusa di «perdita della senso di realtà», ma gli attacchi della stampa di sinistra non sarebbero un problema. Molto peggio le critiche degli esponenti locali del partito, che lo invitano a prendere atto di quanto accaduto (peggior risultato della storia, -8,9% i voti) e a dare le dimissioni. Quanto ai maggiorenti per il momento lo aspettano al varco, in attesa del momento buono per muovere all'attacco. Il numero uno del partito fratello, la Csu bavarese, Markus Söder, si limita a parlare di «chiara sconfitta» che necessita di un confronto senza remore. Un altro rivale di Laschet, Hubert Röttgen, chiede «un completo rinnovamento».
Secondo un'interpretazione diffusa nessuno può permettersi di fare una mossa finché il numero uno sconfitto si sta giocando le sempre più flebili prospettive di poter formare un governo. E qualche speranza c'è ancora. Con il passare delle ore aumentano i seggi a vantaggio della Spd (ormai sarebbero una decina) ma secondo la Costituzione tedesca il Presidente federale può chiamare all'incarico non il leader del partito di maggioranza ma chi appare in grado di formare una coalizione. E l'esperienza dei governi locali, dove tutti governano con tutti, a seconda delle situazione concrete e degli accordi trovati di volta in volta, non fa escludere nessuna soluzione. Quanto ad Angela Merkel le parole pronunciate ieri sarebbero esclusivamente motivate dalla preoccupazione per i tempi lunghi nella formazione di un governo piuttosto che dal desiderio di appoggiare in qualche modo Laschet. Da una lato la Cancelliera appare sinceramente desiderosa di allontanarsi dalla politica militante, dall'altro all'interno del partito, nonostante popolarità e successi, è sempre stata considerata dall'apparato poco meno di un corpo estraneo. Ed appare simbolico del distacco di Angela dalla politica quotidiana il fatto che nel collegio che la eleggeva da tre decenni abbia prevalso una candidata socialdemocratica di 27 anni.
Nel partito nei prossimi mesi non mancheranno tra l'altro le riflessioni, anche critiche, nei confronti della Merkel. Carisma e peso politico non possono far dimenticare il fatto che la Cancelliera uscente è riuscita a orientare il centro di gravità della politica tedesca su di sè piuttosto che sulla Cdu. Alcune decisioni (dalle nozze gay al salario minimo) si sono rivelate azzeccate nell'intercettare gli umori del Paese, ma hanno finito per far impallidire il sistema di valori su cui la Cdu ha costruito i suoi successi.
E di nuovo, al centro del dibattito, si riproporrà quello che potrebbe essere nell'immediato futuro un discrimine ancora più profondo che in passato: l'atteggiamento più o meno «aperturista» sulla politica fiscale europea.
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