Una crisi politica da evitare nel modo più assoluto, l'ombra di un possibile rimpasto, lo strappo da ricucire con Italia Viva e poi i soliti nodi da sciogliere: Recovery Fund e Mes, ai quali si è aggiunto il delicato dossier sull'intelligence. Giuseppe Conte sperava di trascorrere un "Natale sereno", con il virus sotto controllo grazie alle misure restrittive varate lo scorso ottobre, una sostanziale armonia tra le fila della maggioranza e una gestione più soft per quanto riguarda gli aiuti economici provenienti dall'Europa. Non sarà così, visto che la realtà dei fatti ha regalato al premier un quadro completamente capovolto.
L'ombra del Covid e la riapertura delle scuole
Partiamo dall'emergenza sanitaria. Non bastava il virus tradizionale a contagiare decine di migliaia di persone al giorno. "Ora spunta una variante inglese che corre molto più veloce, di uno 0.70 in più", ha fatto notare Conte, ospite della trasmissione Porta a Porta in onda su Rai 1. Il premier non ha tuttavia perso l'occasione di elogiare quanto fatto dalla sua squadra nei mesi precedenti.
"Non ho mai pensato di non farcela. Ci sono stati momenti molto difficili. Siamo stati il primo Paese occidentale ad affrontare" il Covid, "non c'era una guida, un manuale. Tutto ciò che è stato affrontato è stato nuovo. Difficile misurarsi con le decisioni", ha ribadito con orgoglio il presidente del Consiglio, ricordando che il momento più drammatico "è quando abbiamo cominciato a vedere i decessi. Difficile è stato la decisione di istituire le prime zone rosse, è una decisione che si prende in un regime autoritario".
Insomma, nonostante i ritardi, gli errori e i molteplici pasticci commessi, Conte ha definito la lotta contro il Covid "una grande sfida". Il punto è che il virus continua a correre e il governo non sembra ancora avere le idee chiare su come affrontarlo. Poco importa, perché il premier ha messo le mani avanti. "Qualcuno pensa che abbiamo una bacchetta magica per rivoluzionare il Paese, non abbiamo neanche i poteri per farlo", ha sottolineato parlando soprattutto sul tema della scuola. Tanto è vero che il presidente del Consiglio ha ribadito che il rischio di un nuovo lockdown no è affatto scongiurato. "Se dovesse arrivare un'impennata, una terza ondata o una variante che faccia sbalzare l'Rt, allora ci troveremmo facilmente in zona rossa o con misure più restrittive anche a gennaio" ha detto il presidente del Consiglio. Una frase che suona molto più di una velata minaccia e che ribadisce come le altre misure volute nelle scorse settimane non abbiano minimanete escluso il pericolo di restrizioni più severe. Altro che Natale sereno.
A proposito di scuola, Conte ha dichiarato che è necessario ripartire, "ripristinando la didattica a distanza almeno al 50% per le scuole secondarie superiori con il massimo di flessibilità" a partire dal prossimo 7 gennaio. La parola d'ordine sarà flessibilità, secondo "un'apertura differenziata scuola per scuola, paese per paese". L'obiettivo è uno: evitare criticità che potrebbero ricadere anche sui trasporti, altro tasto dolente con il quale deve fare i conti l'esecutivo.
Gli altri nodi da sciogliere
Impossibile ignorare le tensioni che stanno montando, giorno dopo giorno, in seno alla maggioranza. L'impasse si gioca sul Recovery Fund. O meglio, su chi (e come) dovrà gestire le risorse messe messe a disposizione dall'Europa. Su questo Conte ha dovuto fare un passo indietro rinunciando alla presunta task force di 300 tecnici. "La struttura centralizzata che avrebbe sopravanzato i ministeri e prevaricato le prerogative dei ministri è stata superata", ha spiegato Conte, aggiungendo tuttavia che "ci sarà una struttura di monitoraggio che sarà l'interlocutore dell'Europa e per aggiornare lo stato di avanzamento delle opere".
Se Conte ha di fatto mollato sul Recovery Fund, il premier non ha alcuna intenzione di retrocedere su Mes e intelligence. Per quanto riguarda il Fondo salva-Stati, il presidente del Consiglio continua a essere titubante. "Io sono disponibile a discutere di tutto ma nel segno della funzionalità degli interessi generali e non delle singole parti delle forze di maggioranza", continua a ripetere il presidente del Consiglio. Anche perché, ha chiosato ancora Conte, "possiamo fare tutti i discorsi del mondo ma i 36 miliardi ci porterebbero ad accumulare deficit, quindi ricadrebbero sul debito pubblico. Non possiamo lasciare un fardello sulle generazioni future". Il terreno rischia di essere scivoloso, visto che in maggioranza c'è chi chiede con insistenza il ricorso dell'Italia al Meccanismo europeo di stabilità.
Capitolo intelligence: Conte sembra essere inflessibile in merito alla delega sui Servizi. "La legge sui servizi segreti attribuisce al presidente del Consiglio la responsabilità politica, giuridica e addirittura operativa per quanto riguarda l’intelligence. Io non posso certo sottrarmi alle mie responsabilità", ha tagliato corto il presidente del Consiglio. Che non ha poi esitato a lanciare un avvertimento: "Se vogliamo costituire, sarebbe una anomalia in Italia, una struttura bicefala, dove c'è una forza politica che pretende e rivendica un'autorità delegata sarebbe una grave compromissione dell'operatività dell'intero comparto". Ricordiamo che Matteo Renzi aveva chiesto a Conte di individuare un sottosegretario delegato.
Infine il rimpasto: Conte non ha chiuso a un'ipotesi simile, anche se ha provato a smarcarsi usando un tono disteso e conciliante.
"La crisi non è nelle mie mani. Si va avanti solo se c’è la fiducia. Se le forze politiche mi chiedono delle sostituzioni, mi chiedono un rinnovamento della squadra, se ne parla". La sensazione è che il Natale di Conte non sarà affatto sereno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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