La notizia viene battuta dalle agenzie poco prima dell'inizio dell'intervento di Giuseppe Conte all'assemblea congiunta dei parlamentari. Ci sono i cinque nomi della squadra del M5s del futuro. Sono tutti vicinissimi al leader. Dentro, come ampiamente previsto, la senatrice Paola Taverna, che sarà vicepresidente vicaria. L'altra donna prescelta è Alessandra Todde, viceministra al Mise. Confermate le indiscrezioni sull'ex sottosegretario a Palazzo Chigi Mario Turco e sul vicecapogruppo alla Camera Riccardo Ricciardi, un altro contiano di ferro. La new entry è Michele Gubitosa, un nome che pure era circolato nelle scorse settimane, deputato, imprenditore, ex presidente dell'Avellino Calcio, pupillo di Carlo Sibilia. Come suggerito dai rumors della mattinata, resta fuori l'ex ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina. Escluso dal gruppo dei cinque vicepresidenti anche Alfonso Bonafede, il «talent scout» che ha scoperto l'avvocato di Volturara. Bonafede e Azzolina se la giocheranno per il posto di capogruppo alla Camera. Dopo gli scontri delle ultime 24 ore, si è deciso di anticipare di soli quindici giorni la fine del mandato dell'uscente Davide Crippa, quindi si voterà a metà dicembre.
Il clima, però, resta irrespirabile. Metà degli eletti non si presenta all'assemblea congiunta. Moltissimi parlamentari che si erano già registrati per partecipare, cancellano il proprio nome dopo l'annuncio della trasmissione in streaming dell'intervento di Conte. Ma neanche la diretta sui social funziona. «No signal», è il messaggio che compare mentre si interrompono le frasi del leader. Ed è la metafora di un Movimento allo sbando. Come sempre, come non mai. «Per me questa segreteria la può pure bruciare», ci dice un deputato mentre prova - inutilmente - a seguire Conte da casa. Chiediamo a un parlamentare presente un commento sul discorso del presidente del M5s. «Non ti stai perdendo nulla, una roba piena di frasi fatte scritte da Rocco (Casalino, ndr)», la risposta. «Non si è mai vista una segreteria tutta super allineata, non ha idea di cosa scatenerà», si sfoga un'altra fonte pentastellata. Il professore parte con l'autocritica sui risultati delle amministrative. «Non possiamo assolverci». E ancora: «A Roma e Torino siamo stati spettatori e di certo questa è una delusione». Invita a non cercare responsabilità individuali. «No alla caccia ai singoli a cui addossare il marchio dei colpevoli», spiega alla platea puntellata di banchi vuoti. L'ex premier anticipa le critiche. «Non è tempo di lamentele, del piangerci addosso, vedo trasparire manifestazioni di insofferenza».
Tra un attacco a Matteo Renzi e uno a Carlo Calenda («nessuno di noi si è mai dichiarato disponibile ad averti come alleato») Conte a dispetto dell'autocritica dice di aver vinto ai ballottaggi «12 partite su 18» e trova il tempo di porgere l'altra guancia a No Pass e No Vax: «Seguiamo la via della scienza, ma questo non cambia la nostra capacità di ascolto delle voci fuori dal coro». Dura la replica dell'ex ministro Vincenzo Spadafora: «L'effetto della tua leadership non è stato percepito alle Comunali. Ora dicci se vuoi andare al voto dopo l'elezione del capo dello Stato».
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