"Mi sento patriota, non partigiana. Per la pace serve una vera unione"

A quasi 101 anni, la liberatrice della Brigata Osoppo in prima linea contro i totalitarismi. "Ma ora finiamola con le battaglie ideologiche"

"Mi sento patriota, non partigiana. Per la pace serve una vera unione"
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Ad agosto saranno centouno. Centouno anni vissuti intensamente, quelli della medaglia d'oro Paola Del Din, nome in codice «Renata», in onore del fratello ucciso dai tedeschi. Partigiana - anche se lei preferisce definirsi patriota - della Brigata Osoppo, è la prima donna a lanciarsi con un paracadute durante la guerra. Collabora con i servizi segreti inglesi e, soprattutto, passa la vita a difendere la libertà contro ogni tipo di totalitarismo.

Signora Del Din, perché preferisce il termine «patriota» a «partigiana»?

«Perché patriota comprende tutti mentre i partigiani sono settari».

Come mai, durante la guerra, ha deciso di lanciarsi con il paracadute?

«Per tornare al Nord, dove c'era ancora da fare e meno disordine rispetto al Sud».

Quali erano i rapporti tra la Brigata Osoppo e la Decima Mas sul confine orientale?

«Il dottor Cino Boccazzi, detto Piave, dopo essere stato catturato dai cosacchi durante un rastrellamento, fu incaricato dalla Decima Mas di riportare il desiderio di alcuni incontri di collegamento per difendere il Friuli-Venezia Giulia dalla progettata occupazione titina. Piave eseguì quanto richiesto (e non avrebbe potuto rifiutarsi visto che sua moglie e sua figlia erano ostaggi della Decima), ma alla Osoppo la questione venne discussa anche in riferimento alle opinioni degli alleati inglesi presenti e la risposta fu negativa perché la Decima era troppo compromessa per le violenze commesse e il suo comportamento nei confronti della Resistenza».

Porzus resta una grande macchia della resistenza. Perché, ancora oggi, si fa fatica a parlare di questo eccidio e l'Anpi ad ammettere le proprie responsabilità?

«Perché loro si sentono sempre perfetti e innocenti».

Durante la guerra, lei ha collaborato anche con i servizi segreti inglesi. Perché per Churchill l'Italia era così importante?

«Perché il fronte tedesco qui sarebbe stato più fragile (come nel 1918)».

A posteriori, non crede però che gli inglesi, per accontentare Tito, fecero un grande torto agli italiani in Istria e Dalmazia?

«Certamente! Perché Tito aveva alle spalle l'Unione Sovietica con milioni di combattenti dei quali non dover rispondere alla società russa, mentre inglesi e americani avevano meno personale disponibile e dovevano tenere presente anche l'economia dei loro Paesi. Penso, però, che qualcuno avrebbe dovuto dare un pugno sul tavolo al momento del trattato di pace e sostenere quello che sia la Resistenza sia le nostre truppe, che avevano combattuto nelle forze alleate inglobate dell'armata polacca, avevano fatto. Gli interessi dei politici rientrati dall'estero erano soprattutto odio politico e non amore di Patria».

Con l'invasione russa dell'Ucraina, sembra di esser tornati alla Guerra fredda. Lei, in una occasione, ha parlato dell'importanza di Gladio. La pensa ancora così? E servirebbe una nuova Gladio?

«Se l'Europa costituisse veramente un'unione anche la difesa sarebbe unica e l'Europa costituirebbe una potenza rispettata. Ma per arrivare a questo, sarebbero state necessarie meno chiacchiere e maggiore spirito costruttivo. La pace piace a tutti, ma di fronte ai prepotenti bisogna avere una vera spina dorsale».

Spesso, recentemente, si è urlato al pericolo fascismo. Lei, che ha fatto la resistenza, vede davvero questo allarme?

«Il pericolo non è il fascismo, sono le stupidaggini politiche che vengono fatte da generazioni e che sono pericolose a causa dei fanatismi. Per il resto qualsiasi dittatura è dittatura: il colore non conta».

Nonostante in più di un'occasione si sia cercato di fare del 25 aprile una commemorazione condivisa, dove si ricorda anche chi ha combattuto dalla parte sbagliata della storia, pare non si siano fatti passi in avanti. Perché, secondo lei, Anpi e sinistra hanno blindato questa festa?

«Perché altrimenti perderebbero la loro ragion d'essere. Ciascuno di noi vuol vivere in pace e non vedere e dover vivere battaglie ideologiche».

Ora ha 101 anni. Una vita vissuta intensamente. È felice?

«Sì, perché ho sempre fatto qualcosa. Anche disastri, se vuole, ma non sono mai stata una ignava».

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