"Mi sono rovinato la vita con un video su facebook"

Per corteggiare una ragazza, un bancario si fa convincere a mettere on line un filmato sexy. Ma non sa che è una trappola e che dietro c'è una gang

"Mi sono rovinato la vita con un video su facebook"

Otto minuti di follia sui social network possono compromettere una vita intera? Paolo, bancario trentenne di Genova, ne è convinto. Si è iscritto a Facebook per rimorchiare ragazze, sfruttando la sua bella presenza e un passato da aspirante modello, professione mai decollata. Ora vuole diventare direttore di banca, ed è sulla buona strada. O forse era sulla buona strada. Se non fosse per quei maledetti otto minuti da «fesso», parola che lui stesso cita spesso. Paolo ha riempito il social network di suoi vecchi compagni di classe delle superiori, di suoi familiari, ma anche di donne avvenenti. Che male c'è? Nessuno. Peccato ci abbia confidato di non dormire la notte da almeno sei mesi. «Ho conosciuto una ragazza che diceva di essere una modella di Roma - racconta - e dopo qualche scambio di opinioni mi ha invitato su Skype. Io ho accettato, ma temevo fosse un fake (un profilo con foto false) quindi l'ho invitata a mostrarsi in webcam. Lei ha detto sì: era bellissima, dai 25 ai 30 anni, mora, occhi scuri e molto prosperosa. Il suo nome sul social network era Noemi Blue e tutto il suo profilo era privato, eccetto 15 foto».

Tutto procedeva per il meglio. Paolo racconta di averla invitata ad uscire, incassando un bel sì. «Il giorno successivo Noemi si è mostrata in cam seminuda e ha cominciato a chiedermi un parere sul suo fisico - prosegue Paolo - io le ho fatto i complimenti e lei ha cominciato a toccarsi, chiedendomi di fare altrettanto. Purtroppo ho accettato, mi sono spogliato e mi sono fatto prendere dalla situazione...»

La storia è finita male. La linea si è interrotta e la ragazza si è disconnessa sul più bello, per poi ripresentarsi il giorno successivo: «Mi ha inviato un link - il bancario prosegue col racconto - io l'ho cliccato e ho visto il video di 8 minuti in cui sembro un pervertito esibizionista, che si spoglia e si tocca davanti al pc. Noemi mi ha chiesto soldi per non pubblicare quel video sulla bacheca di tutti i miei amici di Facebook: 600 euro da versare su una carta prepagata Postepay, intestata ad una donna italiana. L'ho fatto, certo di sapere anche il vero nome di quella ragazza che mi aveva totalmente in pugno e che non volevo innervosire». Sì perché in quel momento la preoccupazione principale di Paolo era tenersi buona la ragazza, come fosse in ostaggio di un delinquente con la pistola in mano e il mirino puntato sulle sue parti basse.

A quel punto il trentenne cancella il proprio profilo Facebook, pensando di chiudere definitivamente la storia, ma la donna lo ricontatta su Skype mandandogli nomi e cognomi di tutti i suoi contatti, visto che se li era diligentemente salvati. Noemi lo minaccia, dice che li avrebbe contattati comunque e che non è servito a nulla cancellare il profilo.

Ed ecco il secondo ricatto: gli chiede mille euro per sparire per sempre. Lui accetta. Li versa su un'altra carta Postepay, questa volta intestata ad un uomo: «In quel momento ho capito di essere finito in un giro più grande di me, una rete di truffatori seriali. I giorni peggiori della mia vita - ci racconta Paolo - un mese di stipendio buttato e la consapevolezza che questo video era ancora a disposizione di persone come questa Noemi. Che fine avrebbe fatto il mio lavoro? E la mia immagine? Dopo giorni senza appetito e notti insonni a spulciare le bacheca dei miei conoscenti nella speranza di non veder comparire quel video, mi decisi a sporgere denuncia».

Tutto però non fila come previsto: «Aver segnalato il caso agli organi competenti mi ha gettato ancor più nel panico per quello che hanno scoperto. Se prima della denuncia avevo una flebile speranza di poter rintracciare i proprietari veri della carta prepagata, da quel giorno ho scoperto la realtà dei fatti: la prima Postepay era intestata ad una “donna fantasma”, mai esistita. Mentre l'intestazione della seconda era ancora più ingegnosa: un marocchino nullatenente e per di più deceduto nel 2009».

E di certo il bancario non è l'unico in questa situazione in Italia: da una ricerca recente Symantec sul crimine informatico, è emerso che gli uomini in rete vengono truffati decisamente più delle donne e indovinate perché? Si lasciano sedurre facilmente da e-mail dal contenuto erotico.

Ma c'è dell'altro: gli uomini italiani pare amino perseverare negli errori online, solo il 29% infatti (contro il 34% delle donne) si rassegna a cambiare le proprie abitudini di navigazione, evitando di visitare i siti più rischiosi.

thomasleoncini@libero.it

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