Milano pulisce la sua Galleria. A Tolosa un graffito identico

Già sistemato il frontone. Simboli uguali fotografati in Francia, la rete di imbrattatori è internazionale

Milano pulisce la sua Galleria. A Tolosa un graffito identico
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Da studioso di scritte metropolitane di ogni tipo ne ero sicuro. L'avevo già vista la tag principale, quella vergata in corrispondenza dell'arco, delle tre che hanno imbrattato l'ingresso in piazza Duomo della galleria Vittorio Emanuele II. L'avevo vista, sì, ma dove? Ho cercato a lungo nel mio archivio di graffitari italiani, ma niente. Quella tag verde e celeste disegnata con una bomboletta spray sul frontone rettangolare della galleria, sopra la dedica dei milanesi al re, non voleva proprio uscire. Quando però è spuntato il nome di Tolosa, e subito dopo è apparsa la firma stilizzata (14A7) di uno degli imbrattatori che riconduceva alla città francese, più precisamente a un muro ferroviario all'altezza del Théâtre du Chien Blanc, ho finalmente capito dove andare a cercare. Tempo un'ora e spunta fuori da un ampio repertorio d'immagini di graffiteurs transalpini la tag che ricordavo.

La firma di cui parliamo è composta di un 4, di una «a» minuscola e di un simbolo che assomiglia a una croce (o a un 7), con un prolungamento zigzagante verso l'alto (con fuga a sinistra) e una freccia, che allunga il braccio destro del simbolo - o del numero -, sormontata da una stella a cinque punte. Un autografo praticamente identico a quello del mio archivio, che avevo a suo tempo tratto da qui: https://tlsesouslesbombes.com. Il dominio abbrevia il titolo campeggiante sulla home page del sito («Toulouse sous les bombes») e la foto, postata nell'aprile scorso con molte altre, mostra una tag con tre sole differenze rispetto a quella riprodotta sulla facciata della galleria milanese: la «a» è maiuscola; la stella a cinque punte è in basso e a sinistra del 4; la freccia che allunga il braccio della croce (o del 7) è assente, anche perché il muro dell'edificio su cui la firma compare non concedeva altro spazio. Ora i tre delinquenti vestiti di nero che lunedì scorso, fra le 22 e le 22.30, hanno vandalizzato la facciata della storica galleria milanese dovranno pagarla cara. Intanto ieri, la Galleria è stata ripulita. E sempre ieri, la psicoterapeuta Maria Rita Parsi, nel salotto del Tg1 Mattina Estate delle 7.30, ha parlato di un «segnale appassionato» proveniente da giovani che non sarebbero ascoltati a sufficienza. Subito dopo il conduttore, Alessio Zucchini, ha chiesto all'esterrefatto critico d'arte interpellato, come se la cosa potesse essere dubbia, se l'azione commessa fosse arte o un atto vandalico.

I tre delinquenti di cui stiamo parlando non hanno nulla a che fare con Jean-Michel Basquiat, Keith Haring o altri artisti di strada rivoluzionari o controcorrente. Sono invece tre balordi dai quali hanno preso le distanze gli stessi writers: I monumenti - come le chiese o i cimiteri - non si toccano. Forse la bellezza non salverà il mondo, ma proviamo almeno a salvare lei dai criminali. Senza se, senza ma, senza bah.

Che si tratti di imbrattatori senza scrupoli oppure dei lanzichenecchi - questi possiamo chiamarli senz'altro così - che hanno distrutto una statua di Enrico Butti in una lussuosa residenza del Varesotto per farsi un video e postarlo poi in rete. Sei giovani tedeschi, di età compresa fra i 25 e i 30 anni, fra i quali l'influencer Janis Danner. Con quel cognome era già tutto un programma.

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