Pnrr, Mes, debito/Pil, rating. Quattro streghe danzano attorno al pentolone Italia, a bollire un'altra polpetta avvelenata. Nel nuovo Patto di stabilità annunciato da Bruxelles e già sul tavolo dell'Eurogruppo, che archivia quello congelato dal marzo 2020 causa Covid, si darà più tempo per ridurre il debito se i percorsi saranno accompagnati da riforme «credibili» (leggi taglio delle tasse) e investimenti. Previste anche nuove sanzioni per chi non rispetta il percorso concordato con la Ue entro quattro, massimo sette anni. Per i Paesi con debito/Pil superiore al 60% e un deficit/Pil superiore al 3%, la Commissione prevede un aggiustamento «obbligatorio» dello 0,85% per quattro (0,5% con una traiettoria a 7 anni). In soldoni si tratterebbe di una manovra correttiva da 14-15 miliardi l'anno.
Sono proposte che, a sentire il commissario Ue all'Economia Paolo Gentiloni, «promuovono un maggiore margine di manovra». Sarà. I nuovi parametri, che dovranno essere approvati da Ecofin e Parlamento europeo, scatteranno dal primo gennaio 2024. Un po' a sorpresa c'è anche l'ipotesi di inserire nel conteggio del debito anche parte dei soldi spesi per il Pnrr. «Avevamo chiesto con forza l'esclusione delle spese d'investimento, incluse quelle tipiche del Pnrr digitale e green deal. Prendiamo atto che così non è», tuona in una nota un non rassegnato ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, secondo cui ogni spesa di investimento produce debito ma anche un impatto positivo sul Pil.
L'avvertimento all'Italia porta la firma del vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis: «Gli Stati non potranno più rimandare gli aggiustamenti di bilancio, non ci saranno più scuse». «Ma così mercati finanziari e investitori sarebbero rassicurati», sottolinea Gentiloni. E qui si (ri)apre il capitolo Moody's. L'altra sera la società di rating ha annunciato che l'Italia rischia di perdere l'investment grade. Se il condagio del declassamento da Baa3 a Ba1 si estendesse anche a Fitch e Standard&Poor's i nostri Btp diventerebbero junk bond, carta straccia che allontanerebbe gli investitori istituzionali, rendendo quasi impossibile rifinanziare il nostro debito se non con rendimenti molto più cari.
Non è un caso se proprio ieri è rispuntato l'incubo Mes, Meccanismo europeo di stabilità. All'incontro informale dei ministri delle Finanze dell'Eurozona di domani a Stoccolma al governo italiano verrà chiesto di ratificarlo (siamo gli unici a non averlo fatto dopo che la Germania ha detto sì), una mossa che rischia di restringere ulteriormente i margini di manovra. «La mancata ratifica - spiega un funzionario europeo - sta in qualche modo bloccando» anche ulteriori riforme». In commissione Esteri alla Camera l'esame delle due proposte di Pd e Iv sono ferme da settimane. Il premier Giorgia Meloni l'ha già detto al Foglio, così com'è non serve, anzi «va aggiornato alla luce del nuovo scenario geopolitico» per diventare un «veicolo per la crescita». Fonti di Palazzo Chigi predicano ottimismo: siamo tranquilli. In serata è il presidente dei senatori Fdi Lucio Malan a chiarire la posizione dell'Italia: «Siamo assolutamente contrari all'adesione al Mes ma la ratifica è un altro conto ed è una decisione governativa».
Intanto il Pnrr stenta ancora a decollare. In attesa dei 19 miliardi della terza rata riferiti ai 55 obiettivi del secondo semestre 2022, è certo che molti altri sono da rivedere, anche per la fiammata dei prezzi legata alla crisi in Ucraina.
«È previsto dai regolamenti europei», dice al Senato il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto, che assicura una interlocuzione con l'Ue «per mantenere obiettivi e finanziamenti» e annuncia per fine maggio una relazione semestrale. In discussione ci sono questioni legate a sanità, trasporti e asili nido (su cui siamo molto indietro). Qualcosa si può cambiare in corsa, altre cose no. Anche per evitare un contenzioso che sarebbe oltremodo doloroso.
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