Due opzioni sono sul tavolo del ministro della Difesa Guido Crosetto, dopo l'attacco da parte dell'esercito israeliano alle basi italiane della missione Unifil nel sud del Libano: la modifica delle regole di ingaggio e il trasloco temporaneo del contingente fuori dall'area dove sono in corso le operazioni militari.
Lo stop alla missione Unifil, richiesta avanzata da Israele, è una procedura che impone il passaggio all'Onu. La decisione può essere presa dalla linea di comando ma deve poi passare in Assemblea generale per la ratifica. Ma soprattutto, questa ipotesi verrebbe letta al pari di una resa e darebbe fiato alla polemica politica contro il governo Meloni. «Non si parla di ritiro delle truppe italiane, parliamo sempre di missione Unifil. Qualunque decisione comunque venga presa dalle Nazioni Unite, penso che la prossima settimana si troveranno per parlare di questa cosa» - annuncia Crosetto. Dal Kosovo, dove ieri era in visita alle truppe italiane, il ministro sfoglia il ventaglio, che sembra restringersi, delle possibili prossime mosse. Lunedì sarebbe in agenda una call con i ministri della Difesa di Francia e Spagna per studiare le misure da adottare nell'immediato e organizzare un summit a inizio novembre con tutti i Paesi che partecipano alla missione Unifil. Il punto fermo nella strategia di Palazzo Chigi e del ministro della Difesa è la permanenza in Libano: «Non saremo mai noi che ci spostiamo perché qualcuno ci dice, con la forza, di spostarci. Noi siamo lì e ci rimaniamo, con la forza del mandato delle Nazioni Unite» ribadisce il ministro. Volontà che però non può prescindere da un'altra condizione: la sicurezza dei militari italiani.
Ecco che Crosetto punta dritto al vero obiettivo: la modifica delle regole d'ingaggio per il contingente Unifil. «È un anno e mezzo che io chiedo il cambio delle regole d'ingaggio», si sfoga il ministro. «Quello che sta succedendo è, purtroppo, quello che dico da un anno e mezzo, inascoltato, a tutti i livelli: l'ho formalizzato, l'ho scritto, l'ho detto. Quindi, più di così l'Italia non poteva fare» continua l'esponente Fdi. «Perché - fanno notare dalla Difesa le regole della missione Unifil in Libano impongono ai militari il divieto di rispondere al fuoco». La richiesta di una modifica delle regole di ingaggio porta dietro un rischio: la risposta al fuoco israeliano. Scenario che Crosetto non esclude: «Se in futuro ci sarà la possibilità per Unifil di rispondere al fuoco? È una delle domande che ho fatto ai miei colleghi e omologhi israeliani, ambasciatore e ministro della Difesa. Cosa succede la prossima volta? Dobbiamo rispondere? Questa è la domanda che gli ho fatto. È una domanda provocatoria per dirgli la gravità dell'atto che era stato compiuto. È difficile rispondere a una domanda così, soprattutto quando è posta con quella rabbia che ho manifestato prima e con un certo tono». Sì è una provocazione.
Ma fino a quando resterà tale? Il ministro, che ringrazia il presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni per solidarietà all'Italia, apre fronte della missione dei 200 carabinieri italiani a Gerico in Cisgiordania, interrotta dopo il 7 ottobre: «Non manderemmo mai una sola persona senza valutare prima le condizioni di sicurezza. La missione in Cisgiordania deve essere una missione voluta da tutte le parti in campo» taglia corto il titolare alla Difesa.
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