La «deriva schleiniana» di Carlo Calenda semina malumori nel partito. I cattolici di Azione sono infuriati dopo le ultime uscite del leader contro il Vaticano per il caso Orlandi, i crocifissi in montagna e il mantenimento dell'ora di religione a scuola. Mentre a Montecitorio sale la tensione tra il capogruppo alla Camera Matteo Richetti e l'ex ministro Mara Carfagna. La sterzata a sinistra di Calenda - ragiona un big del partito - «sta spingendo i cattolici tra le braccia di Matteo Renzi». Nelle chat il malessere della fronda è palpabile: «Calenda si è messo in testa che farà il leader del campo largo con Schlein e Conte», si sfoga al Giornale un dirigente di Azione. Al netto dell'irritazione, che trapela a microfoni spenti e taccuini chiusi, c'è una questione politica che scava un solco profondo tra il leader, sempre più su posizioni filo Schlein, e una parte del partito: la battaglia (appoggiata da Calenda) contro le croci in montagna.
Giorni fa è esplosa la polemica sullo stop all'installazione di nuovi crocifissi sulle vette delle montagne. Il mondo cattolico è insorto. Calenda si è subito lanciato in un affondo durissimo contro le radici giudaico cristiane dell'Europa: «Riassumere l'Europa in una croce vuol dire avere scarsa conoscenza della storia e poca frequentazione della cultura liberale. Il minimo comune denominatore dell'Europa è la democrazia liberale e lo Stato di diritto»- ha scritto Calenda sui propri social postando il tweet di Antonio Tajani nel quale c'era, invece, una difesa della radice cristiana dell'Europa. Nessuno, nel partito, segue Calenda nella crociata. L'imbarazzo della fronda cattolica è evidente. Due big di Azione si schierano in favore dei crocifissi. L'ex ministro Mariastella Gelmini, senatrice del Terzo Polo, ci mette la faccia: «Io sono favorevole al mantenimento delle croci e penso che il ministro Daniela Santanche abbia fatto bene a prendere posizione» - spiega al Giornale. Mentre la deputata Daniela Ruffino evidenziava: «Le croci collocate sulle nostre cime stanno benissimo e continueranno a rimanere». Parole che certificano una spaccatura. E anche su altre due vicende, l'aggressività contro il Vaticano sul caso Orlandi e l'ora di religione in classe, si registra l'insofferenza dell'ala cattolica. Posizioni troppo schiacciate a sinistra, è l'accusa. Tra i malpancisti di Azione spunta l'ex forzista Giusy Versace, che avrebbe avviato una riflessione sul proprio futuro. Calenda è in confusione. Tant'è che sabato mattina era diretto a Napoli per una convention nazionale ma ha preso il treno sbagliato, andando a Bologna. Insomma, il partito va in una direzione, il leader in quella opposta. Arrivato a Napoli, nel tardo pomeriggio, Calenda ha trovato sul tavolo lo scontro Richetti-Carfagna. L'ex ministro Carfagna ci va giù duro contro il presidente della Regione Vincenzo De Luca: «Chiedete ai cittadini cosa pensano della sanità e dei trasporti, che sono due tra le principali competenze regionali: cosa pensano delle liste d'attesa, dei soldi che devono pagare nel privato per evitare le lunghezze delle liste d'attesa nel pubblico. Credo che quest'azione di gestione meriti un giudizio severo che debba invocare discontinuità piuttosto che continuità».
Nelle stesse ore, il capogruppo di Azione alla Camera Matteo Richetti, il coordinatore regionale Giuseppe Sommese e il candidato alle Europee Luigi Bosco incontra riservatamente il governatore De Luca per stringere il patto di fine legislatura. Fuoco e veleni sotto il Vesuvio
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