Il mondo per Erdogan e Assad. I destini incrociati di due tiranni

Il Sultano rischia a due mesi dal voto. Il ruolo degli eterni nemici Israele e Iran e la partita di Zelensky e Putin

Il mondo per Erdogan e Assad. I destini incrociati di due tiranni

È la migliore torre di Babele che si possa immaginare: c'è salvezza insieme all'odio, ci sono pietà e aiuto col calcolo. Non c'è niente che renda la condizione umana più fragile di un gigantesco terremoto, niente che metta più in ridicolo i conflitti umani delle braccia bianche di polvere che estraggono un bambino vivo da una pila di rovine sotto la quale forse si trova sua madre. Eppure in Medio Oriente mille conflitti guardano con sfacciataggine lo spettacolo delle migliaia di morti e sul palcoscenico della politica si seguita a giocare anche nelle ore più fatali. Con un impulso sincero il mondo intero si è precipitato a offrire il suo aiuto a Turchia e Siria: ma in ogni intervento si intravede qualcosa che non c'entra coi morti e feriti, un punto interrogativo sul futuro, una scommessa.

Erdogan è il personaggio più esposto, e quindi più attivo, cerca di restare il rais che tutto sa e tutto dispone: gli hanno telefonato tutti, perché gioca bene il ruolo ambiguo di amico-nemico dell'Occidente, mentre ad Assad hanno telefonato in pochi, perché la ferocia con cui ha decimato il suo popolo è proverbiale. Così Biden ha subito promesso aiuti a Erdogan, ma prima del sostegno valuta che il presidente turco affronta la sciagura a due mesi dalle elezioni, con un'inflazione all'85%, l'economia a terra, le carceri piene, un politica ottomana dalla Libia alla Siria e col rischio di essere rifiutato dal suo popolo. E quel che più conta agli occhi americani, una politica ambigua a cavallo fra Russia e Ucraina, a caccia del ruolo di mediatore: se infatti fornisce droni all'Ucraina, esporta per Putin microchip e prodotti chimici. Brian Nelson, l'alto funzionario del Tesoro addetto alle sanzioni l'aveva già avvertito di smettere ed è stato molto pesante che Erdogan minacciasse la Nato sull'ingresso di Svezia e Finlandia.

Erdogan e Assad, oggi accomunati dalla terribile disgrazia, sono molto lontani dal poter collaborare. Sono in guerra per i curdi, l'Isis, le milizie ribelli. Intanto Putin che controlla la Siria, vi ha subito messo al lavoro una parte dei suoi soldati sul terreno, e forse chiederà di nuovo a Erdogan di parlare con Assad: trovare un accordo sul rientro dei profughi è la questione centrale. Forse Erdogan in bilico fra Russia e America verrà snidato.

Ma, alla fine, come giocherà nella grande tenzone mondiale la mobilitazione sia americana sia russa per il terremoto? Si vedono gesti di generosità, come quello commovente di Zelensky che ha subito offerto l'aiuto dell'Ucraina ferita dalla guerra. Israele, con la sua famosa tradizione di aiuto internazionale, nonostante i tanti problemi domestici ha già sul campo in Turchia i suoi uomini che scavano fra le rovine giorno e notte e costruiscono un ospedale da campo. Gli israeliani aiutano segretamente anche la Siria nel salvare e portare nei propri ospedali i cittadini di quello che è un Paese nemico. Lavoro difficile. Al contempo, però, a Damasco è atterrato un grosso Qesnm Fars Air, un aereo iraniano, e, senza malizia, è difficile dire che cosa contenga. Mentre anche gli Hezbollah, grandi amici di Assad, sono arrivati a frotte dal Libano. È un meeting internazionale mai visto, se si pensa che anche i Paesi del Patto di Abramo, nemici dell'Iran e dei suoi proxy, sono coinvolti nel salvataggio. Sullo sfondo tv del giornalista israeliano che parlava da Gaziantep si vedevano gli iraniani affaccendati.

L'israeliano ne era molto soddisfatto.

C'è da sperare che si cerchi un terreno comune, quando si devono salvare più persone possibili? Difficile immaginare che interessi a tutti ma «ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la tua filosofia».

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