Il professor Mario Monti parla poco ormai, ma quando lo fa riesce sempre a far ricordare perché in pochi lo rimpiangano come premier. Per sua fortuna, e per gentile concessione dell'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, da dieci anni gode dello status di senatore a vita per cui non deve più rispondere all'elettorato delle sue affermazioni. Spesso impopolari (su temi come le tasse), a volte sconcertanti, come quelle con cui ha deliziato un consesso di giornalisti su La7 l'altra sera. L'ex premier ha lì esposto le sue originali idee su come gestire l'informazione in tempi di pandemia: «È una guerra, ma non abbiamo minimamente usato una politica di comunicazione adatta alla guerra. Io credo che bisognerà, andando avanti questa pandemia e per futuri disastri globali della salute, trovare un sistema che concili la libertà di espressione ma che dosi dall'alto l'informazione». Frase sibillina che viene interrotta dalla giornalista di Repubblica, Concita De Gregorio, non perché scioccata dalle affermazioni liberticide di Monti, ma con un «è molto interessante, ci spieghi meglio». Quindi Monti precisa più compiutamente cosa intenda: «Comunicazione di guerra significa che c'è un dosaggio dell'informazione. Nel caso di guerre tradizionali è odioso perché vuole influenzare la coscienza e la consapevolezza della gente, ma nel caso di una pandemia quando la guerra non è contro un altro Stato ma è contro un virus, bisogna trovare delle modalità...posso dire...meno democratiche?». Certo che lo può dire, anzi «spieghi bene il concetto perché è interessante», lo incalza (si fa per dire) l'altro conduttore, David Parenzo. In un clima così amichevole, Monti si diffonde sul progetto di Minculpop sanitario: «In una situazione di guerra, quando l'interesse di ciascuno coincide con quello di tutti, si accettano delle limitazioni alla libertà. Noi ci siamo abitati a considerare la possibilità incondizionata di dire qualsiasi opinione come un diritto inalienabile ma...». Parenzo, estasiato, non lo fa neppure finire ma conclude lui: «Qui non ce lo possiamo permettere!».
Ma chi, poi, dovrebbe «dosare dall'alto» l'informazione? Risponde Monti senza esitazioni: «Il governo, ispirato e nutrito dalle autorità sanitarie». Uno scenario inquietante di bavaglio all'informazione, degna di un regime autoritario. Ma siccome non è Berlusconi, o Salivni, o la Meloni ad averlo detto, tutto normale, anzi «molto interessante».
Sui social la cosa non passa inosservata e il video di Monti inizia a girare. E ad essere commentato. «Anni di rotture su Berlusconi che instaurava un regime con tv e leggi ad personam, poi fiumi dì parole su Salvini e pieni poteri volutamente travisati. Oggi di fronte a un senatore a vita che sfregia democrazia e libera informazione muti? Vergognatevi» scrive un utente su Twitter. «C'è di che preoccuparsi, quest'uomo è lucido, misura le parole. E le dice, sicuro che ormai le può dire» twitta lo storico Giordano Bruno Guerri.
Nell'indifferenza generale della stampa, commenta la leader di Fdi Giorgia Meloni: «Avvertite Monti che siamo uno Stato democratico e non un regime. Limitare informazione e pluralismo acuirebbe tensioni sociali, privando ulteriormente gli italiani della loro libertà. Cosa sarebbe successo se una simile dichiarazione fosse stata fatta da un esponente di destra?»
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