![Morti e diserzioni. Ora Kiev ha bisogno di fermare la strage](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2024/11/09/1731156645-edifici-kharkiv.jpg?_=1731156645)
L'illusione di un'Ucraina capace di sconfiggere la Russia e di riprendersi la Crimea e i territori di Lugansk, Donetsk e Zaporizhzhia è il frutto dell'abbaglio dei primi 40 giorni di guerra. Quaranta giorni durante i quali l'esercito russo non riuscì mai a superare le linee di difesa intorno a Kiev. L'illusione generatasi in quei giorni era frutto del tremendo errore dei servizi segreti di Mosca, convinti di aver organizzato un colpo di stato che avrebbe permesso di entrare nella capitale e issare il tricolore russo senza colpo ferire. Ma l'intelligence statunitense e quella inglese erano al corrente di quei piani e così il controspionaggio ucraino ebbe facile gioco nell'arrestare i capi del putsch. Le truppe russe, invece di limitarsi a sostenere i presunti golpisti ucraini, si ritrovarono così a sostenere il peso di un impossibile assalto a una capitale difesa dalle armi e dall'intelligence della Nato. Quella momentanea vittoria generò nel Pentagono e in molti comandi europei l'illusione di poter usare il piccolo esercito ucraino per ridimensionare la Russia. Nell'affrontare quell'azzardo, si dimenticarono alcune questioni fondamentali. La prima era la disparità tra i 140 milioni di abitanti della Russia e gli appena 38 dell'Ucraina. Senza contare che molti di quei 38 milioni vivevano nei territori controllati da Mosca, si erano trasferiti in Russia o erano fuggiti in Europa. Lo svantaggio demografico diventò evidente con l'apertura, all'inizio dell'estate 2022, del fronte di Donbass e di Zaporizhzhia. Un fronte lungo oltre mille chilometri su cui dopo la riuscita offensiva di Kharkiv del settembre 2022 l'Ucraina non è più riuscita ad avanzare. Questo perché il progressivo incremento delle perdite e l'impossibilità di contrapporsi all'artiglieria russa, da sempre regina delle guerre combattute da Mosca, ha impedito a Kiev di riempire le trincee. Una debolezza fisiologica di cui Zelensky e i suoi erano perfettamente consapevoli. Non a caso a fine marzo 2022 concordarono, con la mediazione della Turchia, un cessate il fuoco che prevedeva la rinuncia alla Nato e una parziale smilitarizzazione. Condizioni che con tutta probabilità verranno rimesse sul tavolo da Vladimir Putin nei prossimi incontri con Donald Trump. Ma l'allora premier inglese Boris Johnson, con il consenso di Joe Biden, fece carne di porco di quelle intese e convinse Zelensky a riprendere le ostilità.
All'abbaglio iniziale si aggiunse la convinzione che i satelliti della Nato, i missili a lunga gittata americani e qualche dozzina di carri armati occidentali, avrebbero consentito alla malconcia armata ucraina di avere la meglio. Per non parlare del cinismo di quanti da Varsavia a Londra fino a Washington non si preoccuparono di mandare al macello decine di migliaia di giovani ucraini. Quest'indifferenza occidentale, assecondata da Zelensky e dai suoi comandanti, ha generato una renitenza alla leva direttamente proporzionale al moltiplicarsi dei caduti. Così, ai 70mila morti e agli oltre 100mila feriti, si sono aggiunti i vuoti altrettanto rilevanti causati dalle diserzioni. Il risultato è stato devastante.
Mosca, nonostante le pesanti perdite, schiera oggi oltre 500mila uomini mentre Zelensky e i suoi fanno fatica a presidiare le proprie trincee. Per questo fermare il massacro degli ucraini significa impedire una sconfitta la cui entità - in termini umani e territoriali - è destinata a moltiplicarsi con il passar delle settimane.
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