Multe, gaffe e ristoranti a scrocco Due anni e mezzo da incubo

RomaPiovono rane. È con quel senso di fatalità attonita e rassegnata che la Capitale, città del Papa, assiste all'ultimo atto del suo sindaco atterrato chissà da dove, chissà perché. But it did happen : succede, sono cose che accadono. Proprio come nella biblica pioggia del film Magnolia : stesso straniamento, stessa catarsi finale. La tempesta arriva, i giochi di finzione crollano.

Tutto finisce da dove era cominciato, da note spese malamente giustificate. Quelle che costarono la brillante carriera di scienziato all'Università di Pittsburgh, quelle che conducono il sindaco-chirurgo al capolinea dopo due anni e mezzo di viaggio nel vuoto. Si finisce con Ignazio Marino che cerca di resistere nel suo personale bunker, rimirandosi nei giochi di specchi della sua personalità insondabile. Insondabile, se non forse partendo proprio dal vezzo arrogante di sottrarsi a qualsiasi controllo. «Cena con l'ambasciatore del Vietnam», ha scritto, per esempio. Con l'ambasciata costretta a smentire su un piano totalmente surreale. Marino è l'uomo sognante che avanzava e non sapeva d'esser morto, come in uno scritto di Lacan. Ha cominciato in campagna elettorale: saliva sulla bici per farsi fotografare, era quella a pedalata assistita; noleggiava un camper per i comizi, era un euro 1 vietato in centro. Con l'elezione, il 12 giugno 2013, gli episodi si moltiplicano. Di numero e d'intensità.

Il vagito non sarà di buon augurio: devolve il primo stipendio di sindaco alla cooperativa 29 giugno di Buzzi ( Mafia capitale scoppierà due anni dopo). Cerca sempre di usare la bici a pedalata assistita, ma una volta cade, un'altra sfiora il ridicolo attorniato dalla scorta di vigili, anch'essi in bici semi-elettriche (il modello è tra i più costosi, presto si capirà che conviene usare l'auto). Nel frattempo, realizza una doverosa chiusura dei Fori alle auto. Peccato che i sensi di marcia delle strade intorno siano tutti sbagliati, la realizzazione pessima e i residenti tutti imbufaliti. Il centro diventa un perenne bivacco di turisti e pullman che arrivano fin sotto il Colosseo («non può essere uno spartitraffico», diceva. Ma le auto ora ci passano a fianco e parcheggiano sopra la Domus Aurea di Nerone, sempre chiusa per crolli).

Nel novembre 2014 la Panda rossa del sindaco comincia a essere intercettata più volte nella Ztl, in divieto e senza relativo permesso (il cui costo, per i residenti, il sindaco ha portato a 2mila euro l'anno). Lo scandalo è dirompente, il sindaco si difende con bugie, persino immaginando hacker all'attacco del Comune. Alla fine paga e ammette un ritardo nel pagamento del permesso. Scoppia l'inchiesta Mafia capitale , e Marino dichiara categoricamente di non aver mai parlato con Buzzi. In un nanosecondo, sul web, compaiono sue foto assieme a Buzzi in campagna elettorale. Nel contempo, la città è sempre più sporca per la chiusura della discarica di Malagrotta, e le foto di maiali sorpresi a mangiare rifiuti dai cassonetti di Boccea finiscono sui giornali di mezzo mondo. Il New York Times in prima pagina parla del «caso» della Capitale, dove la metrò è lenta, i costosissimi lavori della linea C non procedono, l'aeroporto va a lungo in tilt dopo un incendio. Marino è sempre più spesso alieno da ciò che succede: pressato, perde la pazienza. Manda a quel paese una vecchietta a San Lorenzo («Provi a far funzionare quei due neuroni che ha»). Nei comizi sbrocca: «Fascisti, tornate nelle fogne!». Vanno in malora sia l'Acea, di cui si scoprono magagne, sia l'Atac, che si distingue per il disservizio.

Per trovar un minimo di pace, l'estate scorsa Marino si concede una vacanza ai Caraibi. Sorte vuole che i Casamonica celebrino il proprio potere nel sontuoso funerale del proprio capoclan. Ma il sindaco non torna se non ai primi di settembre, quando è stato nei fatti commissariato da Gabrielli, che lui definirà polemicamente «la mia badante». Oramai però nessuno gli dà più retta. Neppure quando sostiene che il Vaticano lo vuole parte dell'organizzazione della visita del Papa negli States . Va ad attenderlo a Philadelphia, dove dice che troverà anche generosi finanziamenti per Roma.

Non si vede un cent, mentre il Pontefice, infastidito dalla sua insistenza (cerca appoggi per resistere al Campidoglio), fa sapere al mondo intero di non averlo invitato. «Chiaro?». A tutti è chiaro che è ora di calare il sipario, a Marino no. Finché non tira fuori le proprie note spese, e ne viene travolto. Ma Dio acceca chi vuol perdere, si sa.

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