Musulmana moderata epurata dal Pd: "La sinistra dialoga solo con l'islam politico"

Ha lasciato il partito e ora attacca: "Preferiscono gli islamici ideologizzati"

Musulmana moderata epurata dal Pd: "La sinistra dialoga solo con l'islam politico"

«Prima che l'islam muoia, ucciso dagli stessi musulmani, c'è bisogno che si alzino voci desiderose di preservare la spiritualità e la bellezza di questa religione». Nata a Mogadiscio nel 1959, musulmana sufi che porta il nome della madre di Gesù, donna di sinistra e progressista, antropologa, Maryan Ismail è la storica portavoce della comunità somala di Milano. Figlia di un politico e diplomatico oppositore del regime di Siad Barre, è scappata con la famiglia in Italia, che l'ha accolta come rifugiata politica: il 27 marzo dell'anno scorso, infatti, i terroristi di al Shabaab hanno ucciso suo fratello, Yusuf Mohamed Ismail Bari-Bari, ambasciatore somalo all'Onu. Fiera avversatrice dell'islam politico, nonostante fosse iscritta al Pd e facesse parte della segreteria metropolitana, l'anno scorso si è opposta al bando della giunta Pisapia per costruire una o più moschee a Milano. Per questo è stata accusata di «apostasia» ma non si è tirata indietro. Candidata come consigliere nella lista di Giuseppe Sala, ha abbandonato il Pd dopo che il partito ha puntato tutto su Sumaya Abdel Qader, leader della galassia Ucoii (Unione comunità islamiche italiane) e del Caim. Ora, con Stefano Parisi e Matteo Forte, entrambi all'opposizione in Consiglio comunale a Milano, ha presentato il Forum delle idee e del confronto, ideato per dare spazio ai musulmani che «non si riconoscono nell'islam politico».

Il suo discorso è molto simile a quello del vicepresidente degli imam di Francia, Hocine Drouiche, che si è dimesso dopo l'attentato di Nizza: «Non possiamo negare il problema dell'estremismo islamico».

«L'islam politicizzato e ideologizzato rappresenta solo il 18 per cento dell'islam. Ma è l'unico che ha voce in capitolo. Eppure ci sono tante persone moderate, laiche, che vogliono una religione spirituale liturgica e basta. Ma la loro voce non passa dai media. Siamo troppo frammentati, abbiamo bisogno di una comunicazione corale».

A che pro?

«In modo che possiamo dissociarci dal terrorismo ed essere ascoltati, così che qualsiasi musulmano di buona volontà possa riconoscersi. Attualmente l'islam politico è l'unico a trovare spazio e costruire una narrazione sull'islam».

Lei è a favore della costruzione di una moschea?

«Certo, anche i musulmani hanno diritto alla libertà di culto garantita dalla Costituzione. Ma una moschea deve essere costruita in modo trasparente e inclusivo. Non può essere gestita da una sola parte dell'islam».

Pisapia non l'ha ascoltata?

«No. Ho inviato email, ho fatto telefonate, ho richiesto appuntamenti. Nessuno ci ha mai risposto. Solo una volta qualcuno si è preso la briga di contattarmi: era un incontro per chiedere la nostra disponibilità economica».

Alla fine il bando è stato vinto dal Caim.

«Esatto e io ho fatto notare che non era adeguato per le esigenze della comunità islamica di Milano. Ma il mio partito non mi ha mai ascoltato. Ho fatto presente più volte che bisognava stare attenti alla separazione tra politica e religione, che non bisognava appaltarla all'islam ideologizzato, che bisognava mettere al centro le donne».

Cosa le ha risposto il partito?

«Mi hanno quasi epurata, mi hanno dato un bel calcio nel sedere. Perché si dà un calcio nel sedere ad alcune comunità islamiche e se ne accolgono altre?».

Il bando è finito in un nulla di fatto. E si è ripartiti con Sala.

«Io pensavo che avessero capito. L'assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino (nominato da Pisapia e riconfermato da Sala, ndr) disse anche che bisognava ripensare tutti insieme alla moschea, oltre che dal punto di vista economico, anche da quello sociale».

Tutto bene insomma.

«Sì, fino alla presentazione delle liste elettorali, nelle quali è stata inserita la candidatura di Sumaya Abdel Qader».

Sala non conosceva le simpatie dei parenti di Sumaya per i terroristi di Hamas o le frequentazioni con chi predica la distruzione di Israele?

«L'hanno presentata come una donna capace di dialogo nell'islam, una donna aperta solo perché aveva partecipato a una biciclettata. Ma lei non ha mai fatto nulla per il partito, non ha neanche la tessera, da anni è stipendiata dal Comune come mediatrice culturale e questa retribuzione pubblica è l'unica attività che mi risulti».

Alla fine Sumaya, sempre vistosamente velata, è entrata in Consiglio comunale e Ismail no.

«Guardi, io sono una donna di sinistra, ho appoggiato la legge Cirinnà, dal 2005 ogni 25 aprile sfilo con la comunità ebraica perché penso che l'antisemitismo non possa far parte del Dna di uno Stato democratico e laico, ero un quadro dirigente del partito, ne ho condiviso battaglie e scelte, ero nella segreteria metropolitana e sono stata svilita in questo modo».

Ora ha trovato una buona sponda politica in Parisi?

«Si è mostrato interessato alle mie idee e mi ha chiesto di collaborare. Ho accettato, anche perché nel frattempo ero stata convocata dal ministro dell'Interno Angelino Alfano a partecipare al tavolo di dialogo tra comunità islamiche e governo. Poiché mi è stato assegnato il compito di dialogare con le istituzioni, l'ho fatto parlando con Parisi, che è uomo delle istituzioni».

A maggior ragione avrà parlato con il sindaco Sala?

«Invece no, perché il sindaco, per il quale mi sono battuta e che ho appoggiato, non ha mai risposto al mio appello. Mai aperto bocca. Come mai non vuole dialogare con tutto l'islam? Di cosa ha paura?».

Allarghiamo ancora il campo. Il mondo musulmano è in crisi?

«È un momento storicamente molto importante per l'islam, che nonostante sembri potente è davvero una religione molto fragile, vicina all'implosione. Non riusciamo infatti a sopportare questa tensione legata alla religione e il terrorismo sta devastando le coscienze di tanti musulmani. Quello che il ministro Alfano sta cercando di fare è un aiuto».

Avete parlato anche di finanziamenti delle moschee?

«Ne parleremo a settembre, quando affronteremo

il tema dei luoghi di culto. Non è facile questo processo perché l'islam non ha un Papa e bisogna trovare intese con diverse realtà. Ma questa è la strada giusta».

*(Intervista pubblicata per gentile concessione di Tempi)

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