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Musumeci adesso medita l'azzardo in Sicilia: dimettersi per poi tentare il bis in Regione

Il piano: sfruttare l'onda lunga delle Politiche che sorrideranno ai sovranisti

Musumeci adesso medita l'azzardo in Sicilia: dimettersi per poi tentare il bis in Regione

Da «Diventerà bellissima» a «diventerà complicatissima». Il governatore della Sicilia Nello Musumeci in queste ore è nei suoi uffici di Palazzo D'Orleans a sfogliare la margherita: «Mi dimetto o non mi dimetto?». L'obiettivo è allineare il rinnovo del Parlamento regionale con quello di Montecitorio e Palazzo Madama il 25 settembre. «Accorpare le elezioni è una facoltà che la legge attribuisce al presidente della Regione ed è una facoltà sulla quale sto riflettendo, pensando presto di sciogliere ogni riserva in un senso o nell'altro», dice il governatore. Un azzardo per ottenere un effetto trascinamento per il centrodestra in uno dei suoi granai di voti, proprio adesso che l'alleanza di facciata Pd-M5s è fragile come un castello di sabbia con l'alta marea. Una forzatura - dicono dall'entourage del governatore - per ottenere motu proprio una ricandidatura, o quantomeno riaccendere il dibattito interno alla coalizione, con la Lega Nord in pressing con il segretario regionale della Lega Nino Minardo per chiarire il tutto entro domani. Il Carroccio ufficialmente schiera Alessandro Pagano come candidato sacrificabile per giocarsi la carta Raffaele Stancanelli, con Matteo Salvini che stasera sarà a Lampedusa per denunciare il fallimento delle politiche sull'immigrazione targate sinistra. Forza Italia con Gianfranco Miccichè ha chiesto da tempo la testa di Musumeci: «Che colpa ho io se ha avuto un atteggiamento arrogante e sleale nei confronti dei suoi alleati?», ha detto ieri in un'intervista all'edizione locale di Repubblica. Dietro il suo veto sulla ricandidatura del governatore uscente Nello Musumeci apparentemente c'è la carta Stefania Prestigiacomo «anche se Stancanelli non dispiace neanche a lui», dice un cronista che conosce le vicende siciliane. Un bel caos. «Se Meloni e Ignazio La Russa avessero avuto la bontà di ascoltarci, non saremmo arrivati fin qui. Con i dirigenti siciliani abbiamo ottimi rapporti, ma l'atteggiamento di Roma è stato inspiegabile: si sono attaccati al fatto che Musumeci è l'uscente. Ma quella è un'aggravante, perché lo abbiamo già conosciuto», ripete Miccichè.

«Dimettersi? Non lo sa nemmeno lui, deciderà venerdì», maligna una fonte vicina a Fratelli d'Italia, impegnata a Roma nel tavolo delle candidature. La sensazione è che il destino del governatore sia in qualche modo segnato. «Se si dimette si indebolisce, e rende più difficile per Giorgia Meloni chiederne la ricandidatura a governatore». «Ma nelle liste di Fdi al momento per lui posto non ce n'è», dice un'altra fonte al Giornale. Un bel rebus. «Sarà una lunga estate calda», si lascia scappare un esponente del movimento di Musumeci «Diventerà Bellissima». C'è anche un iter da rispettare: il presidente comunica le dimissioni in Giunta e poi deve fare un passaggio (non indolore) in assemblea.

Il che significa convocare una giunta sabato (al momento non è in agenda) ma soprattutto vuol dire innescare un vorticoso risiko nella composizione delle liste. E chi perde sarebbe fuori, dunque è vietato sbagliare perché non ci sarebbe alcun «paracadute».

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