Il governo è cronicamente in ritardo con i documenti di finanza pubblica. Ultimo, la Nadef che ieri è stata solo illustrata al Consiglio dei ministri, mentre l'approvazione è slittata a domenica sera.
Ma anche l'Europa non è da meno. C'è un rischio sempre più concreto che il Recovery fund slitti. Al Consiglio europeo di oggi potrebbero esplodere le tensioni sul requisito dello «stato di diritto» avversato dall'Ungheria e Polonia. Pressioni anche dai «frugali» (Olanda e Austria) sulle risorse proprie. Il tutto potrebbe portare a un blocco del piano e quindi, per quanto riguarda l'Italia, dei 209 miliardi europei tra prestiti e sovvenzioni. «No, non sono preoccupato. Dopo quello che è stato fatto non è possibile non procedere speditamente», ha commentato ieri il premier Giuseppe Conte. In realtà il governo ha rinviato la Nadef, anche per le incertezze sui fondi europei. Una parte rilevante della crescita prevista dalla Nota di aggiornamento al Def, il rimbalzo del 6% nel 2021 dopo il -9% di quest'anno, è un effetto dei fondi del Recovery fund. Se non ci saranno, la crescita sarà inferiore. Altro problema è il Mes. La nuova linea di prestito del Salva Stati dedicata all'emergenza coronavirus non peserà sul deficit, ma i circa 36 miliardi previsti saranno parte del debito pubblico. Così come i 127 miliardi di prestiti del Recovery fund, sui 209 totali. Se la maggioranza non accetterà il Mes, il ministero dell'Economia potrebbe utilizzare la metà dei prestiti del Next generation Eu, non per nuovi investimenti e programmi, ma per finanziare programmi già contabilizzati.
Quindi per sostituire vecchi Titoli di Stato onerosicio con quelli europei, garantiti da Bruxelles. «Il giorno in cui qualcuno dirà che non abbiamo alternative saremmo veramente messi male», ha detto ieri il capo politico del M5S, Vito Crimi (nella foto). Ma quel giorno potrebbe essere vicino.
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