Hassan Nasrallah lo sa, stavolta rischia di perdere tutto. E gli aerei israeliani, che prima del suo discorso rompono il muro del suono sui cieli di Beirut, sono lì a ricordarglielo.
Nel 2006 - contravvenendo persino agli ordini iraniani - il leader del «Partito di Dio» libanese si gettò a testa bassa in un conflitto con Israele che per poco non gli fu fatale. Stavolta non può farlo. Anche perché la popolazione libanese non è più disposta a sopportare lo stato di guerra permanente che le è stato imposto dall'organizzazione sciita e sarebbe la prima a rinfacciargli il disastro di una guerra totale.
Ma Nasrallah sa anche di non potersi dimostrare debole davanti a un nemico israeliano che gli sta facendo fuori, uno dopo l'altro, tutti i comandanti più esperti. Ultimo fra tutti quel Fuad Shukr, mente e protagonista delle più importanti operazioni militari e dei più terribili attentati rivendicati dal Partito di Dio negli ultimi 40 anni. Per Nasrallah la morte di Shukr è «una perdita molto grande» che però, aggiunge, «non ci fa esitare né fermare». E infatti spiega che Israele fa bene a temere un attacco da parte dell'Iran e dell'«asse della resistenza». La doppia e contrastante affermazione - ovvero l'ammissione dei duri colpi subiti seguita dalla promessa di continuare la lotta - è il leit motiv di tutto il discorso pronunciato ieri dal numero uno di Hezbollah. Un discorso in cui minacce e richiami alla prudenza vengono dosati con un bilancino da farmacista. «La nostra risposta arriverà, a Dio piacendo, da sola o come parte di una risposta collettiva da parte dell'intero fronte» tuona Nasrallah.
L'ambiguità è evidente. Evitando di precisare se la risposta arriverà per mano di Hezbollah o per mano di tutto il fronte filo-iraniano il leader sciita non fissa neanche i termini della rappresaglia.
Dal punto di vista propagandistico Nasrallah ha un solo obbiettivo, ovvero tirare dalla propria parte le opinioni pubbliche delle nazioni arabe schierate con lo stato ebraico. Per farlo descrive un espansionismo israeliano pronto a conquistare dopo Gaza anche la Cisgiordania e i vicini paesi arabi.
«Ci troviamo di fronte al pericolo che l'entità di occupazione domini la regione» afferma spiegando che Israele nega l'esistenza di uno stato palestinese e punta ad annettere la Cisgiordania. «Se Netanyahu e l'alleanza americano-sionista avranno la meglio sulla resistenza a Gaza e in Cisgiordania ci troveremo davanti al pericolo che l'entità occupante domini la regione». L'obbiettivo abbastanza evidente è quello di allargare i consensi di quel fronte filo iraniano in cui già militano le milizie sciite irachene, gli houthi yemeniti e le unità guidate in Siria dai pasdaran iraniani.
«La regione - avverte Nasrallah - si trova di fronte a pericoli reali. Tutti devono capire che se Israele vince, non ci sarà più la Palestina e la moschea di al-Aqsa sarà seriamente minacciata mentre il Libano e le sue ricchezze saranno in pericolo, proprio come la Giordania, il cui regno hashemita potrebbe scomparire. La Siria sarà minacciata, sia nel Golan che all'interno del Paese, Israele lavorerà per avere un leader siriano alleato e anche l'Egitto e tutti i Paesi della regione sono minacciati».
Ma alla fine dopo aver agitato lo spauracchio di un Israele minaccioso e intollerante Nasrallah si guarda
bene dall'evocare la guerra. «La risposta - promette- arriverà sicuramente, ma dobbiamo dice agire con coraggio e molta attenzione. Non dobbiamo essere impulsivi». Come dire stringiamo i denti e aspettiamo tempi migliori.
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