Alla fine ha ascoltato i suoi medici che gli avevano chiesto «d'interrompere lo sciopero della fame, altrimenti non ci sarà più un paziente da curare». Così il dissidente russo Alex Navalny ha annunciato ieri, con un messaggio su Instagram, di voler affrontare il lungo percorso per riprendere le forze. «Ho iniziato a uscire dallo sciopero della fame» in carcere, ha affermato. Lo stop all'alimentazione era cominciato lo scorso 31 marzo per ottenere una visita da parte di medici indipendenti dopo aver accusato forti dolori alla schiena e l'intorpidimento di una gamba. «Mi hanno già visitato due volte dei medici civili - ha scritto l'oppositore -. Mi hanno fatto le analisi e hanno consegnato i risultati». Dopo i test clinici, la salute di Navalny era apparsa compromessa tanto che i medici avevano sentenziato: «Tra poco tempo non avremo più nessuno da curare».
Il dissidente russo ha ringraziato tutti coloro che gli hanno mostrato solidarietà in diverso modo, tra cui attivisti e cittadini che si sono uniti allo sciopero della fame, e ha annunciato che continuerà a chiedere di essere visitato da medici indipendenti perché sta «perdendo ulteriormente sensibilità a mani e piedi». Navalny ha esortato anche i suoi sostenitori di essergli vicino. «Visti i progressi e le circostanze - ha detto, riferendosi al fatto che le autorità russe gli hanno concesso di non essere curato dai medici del penitenziario - ho cominciato a uscire dallo sciopero della fame. Di regola ci vogliono 24 giorni e dicono che è anche più duro, per questo fatemi gli auguri di buona fortuna».
L'odissea del dissidente russo ha radici non molto lontane. Dopo anni di opposizione al presidente Vladimir Putin, contro il quale si è scagliato in più occasioni (dall'annessione della Crimea alle accuse di guidare un regime corrotto), il 20 agosto 2020, mentre era a bordo di un aereo diretto a Mosca da Omsk, perde conoscenza. Portato in ospedale, cade in coma. Il suo staff chiede che Navalny sia trasportato in Germania per essere curato, ma le autorità non lo permettono. Due giorni dopo, in seguito alle pressioni del presidente francese Macron e della cancelliera tedesca Merkel, sbarca a Berlino, dove viene ricoverato: la diagnosi è avvelenamento da agente nervino. Il 17 gennaio di quest'anno, dopo le cure, rientra a Mosca e viene arrestato all'aeroporto. La sua detenzione ha scatenato le proteste in tutta la Russia, con decine di manifestazioni. Le ultime, l'altro ieri, hanno toccato 97 città russe e hanno provocato arresti di massa, con 1786 persone finite in manette. Il ministero della Giustizia di Mosca ieri ha anche classificato come «agente straniero» il portale web Meduza, politicamente vicino al movimento di Navalny. Avendo sede in Lettonia, il sito internet sfugge alle leggi russe sulla comunicazione.
Il caso Navalny ha aggravato le tensioni tra la Russia da una parte e gli Stati Uniti e l'Europa dall'altra. Ma per quanto le vicissitudini dell'oppositore russo suscitino la grande attenzione dei media occidentali, in realtà per Washington si tratta solo di un minuscolo tassello dello scontro con Mosca.
D'altronde, Navalny è un personaggio contraddittorio. Ha più volte espresso posizioni nazionaliste e xenofobe e in Occidente farebbe parte del fronte populista e antisistema. Ma è un oppositore di Putin. E la partita che si gioca è ben più grande.
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