Navi turche contro due pescherecci italiani

Sassate da una flottiglia. Dopo l'attacco a Misurata, si ipotizza una strategia

Navi turche contro due pescherecci italiani

Due pescherecci italiani sono stati presi a sassate e quasi speronati da una flottiglia turca a 27 miglia dalle loro coste, a nord di Cipro. Non può essere un caso. L'ondata di migranti dalla Tripolitania, in mano ai turchi, gli spari contro il nostro peschereccio davanti a Misurata, roccaforte filo Ankara e il lancio di sassi di ieri, che non si trovano in mare, ma vanno portati da terra, sono segnali di una «guerra» non dichiarata all'Italia. Il neo sultano Erdogan l'ha giurata al presidente del Consiglio Mario Draghi che poche settimana fa l'aveva chiamato dittatore. Per di più la pressione migratoria e politica sull'Italia, anche con gli incidenti dei pescherecci, serve a convincere l'Europa ad accettare le condizioni del sultano per rinnovare l'accordo sui migranti della rotta balcanica. E magari portare a casa un patto fotocopia sulla Libia sul fronte del mare.

«Il mio peschereccio è stato prima preso a sassate da diversi pescherecci turchi, che lo hanno speronato per poi tentare di salire a bordo. Il comandante è stato costretto a tirare su le reti e ad allontanarsi dalla zona», denuncia Luciano Giacalone armatore dell'imbarcazione nel mirino. Il peschereccio attaccato ieri mattina è il «Michele Giacalone» partito da Mazara del Vallo. Il 3 maggio era già finito nei guai davanti a Bengasi quando un'unità navale del generale Khalifa Haftar si era avvicinata aprendo il fuoco. L'intervento della Marina militare aveva evitato il peggio.

Anche ieri è intervenuta la fregata Margottini, che ha lanciato un elicottero per difendere i pescherecci italiani e far diminuire la tensione. «I pescherecci turchi hanno lanciato materiali (pietre e fumogeni) e realizzato manovre cinematiche ravvicinate (una delle quali è sfociata in un contatto con il motopesca Giacalone, che ha riportato danni lievi)» si legge in una nota della Marina. L'altra unità coinvolta nella «guerra» del pesce è il San Giorgio sempre di Mazara. I turchi potevano contare su una decina di imbarcazioni, ma è intervenuta anche un motovedetta di Ankara per evitare guai peggiori. In passato ci sono stati screzi del genere, ma non così gravi. «Siamo rovinati, non possiamo andare avanti così - ha spiegato Giacalone - In qualunque area andiamo ci cacciano. Chiediamo che le istituzioni si diano da fare per fare un accordo soprattutto con la Libia e mettano le barche di Mazara nelle condizioni di poter lavorare».

Le acque fra Cipro e Turchia sono contese e la tensione nel Mediterraneo orientale con la Turchia riguarda anche le perforazioni per i giacimenti sottomarini. I pescherecci italiani, però, sembrano particolarmente nel mirino nelle ultime settimane. «Ora massime garanzie, non si può rischiare la vita per lavorare. Evidentemente non si è ancora capito fino in fondo il pericolo che corrono i pescherecci italiani nelle loro uscite in mare» sottolinea Bruno Mariani del sindacato del settore ittico Confsal.

In un comunicato Coldiretti Impresapesca ribadisce che «occorre porre fine al Far west che ha causato aggressioni, ferimenti e sequestri portando al dimezzamento della flotta siciliana di Mazara del Vallo nel giro di dieci anni».

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