«Bentornati!» e «Finally freedom»: così ieri le vetrine di ristoranti e negozi milanesi salutavano il ritorno dei clienti. Che però si sono fatti vivi un po' alla volta. Il primo giorno di Fase 2 visto da bar ed esercizi commerciali del centro è un lento risveglio. Con l'eccezione dei parrucchieri e dei centri estetici, presi d'assalto al telefono nei giorni scorsi per assicurarsi i primi appuntamenti. Milano è tornata sì a muoversi, ma a bassa intensità.
La commessa della grossa catena di intimo, che con la collega mostra una cordialità e un'attenzione mai viste da queste parti, assicura: «Sanifichiamo il negozio due volte al giorno, i camerini dopo ogni utilizzo e i capi dopo ogni prova. Oggi comunque c'è poco movimento». La proprietaria del negozietto chic ci crede: «Il cliente ci chiede prima di tutto sicurezza. Poi però vuole riscoprire il piacere delle piccole cose, uscire, guardare le vetrine... Tornare a farsi un regalo è un bel modo di ricominciare, ce lo meritiamo tutti». L'estetista in prima periferia non si perde d'animo: «Riceviamo solo su appuntamento, nessuno in sala d'attesa e niente riviste. Tra un cliente e l'altro ci prendiamo mezz'ora per disinfettare lettini, strumenti, superfici e visiere. Compensiamo con il fatto che saremo aperti dal lunedì alla domenica. Questa settimana non c'è neppure un posto libero in agenda». In giro ci sono molte promozioni, ma i negozi di abbigliamento sono semi vuoti e le vendite sono deboli. Anche se, va detto, il lunedì non è mai stato il giorno migliore per lo shopping. Per quanto riguarda ristoranti e bar, in molti casi la fiducia dei gestori ha ceduto agli ostacoli. Tante saracinesche sono rimaste abbassate. A Milano circa il 30 per cento degli esercenti, secondo le associazioni di categoria, ha preferito non riaprire o prendersi ancora qualche giorno per fare i conti con le prevedibili perdite e con il caos delle regole. Dipende anche dalle zone. Più locali aperti sui Navigli, dove si è sperato di fare buoni affari con il primo vero aperitivo dopo il lockdown, e parecchi meno nelle zone universitarie o in quelle in cui gli uffici non hanno ripreso l'attività. La previsione è che le riaperture aumenteranno gradualmente.
Il dato di altre grandi città è oscillante, anche se l'aria che si respira tra tavolini e scaffali è molto simile. Più ottimismo a Torino, dove secondo Confesercenti ha ripreso l'attività circa il 90 per cento dei pubblici esercizi. Lo stesso in Toscana, se si considerano i negozi, secondo Confcommercio. A Firenze però, città rimasta senza turisti e senza i grandi musei, le riaperture sono state a macchia di leopardo. Sì ai marchi internazionali di abbigliamento, maggiore cautela per trattorie e locali. Confartigianato rileva inoltre che gli incassi di ieri per chi ha lavorato in città sono stati inferiori del 60 per cento rispetto al periodo pre lockdown. A Roma, per Fipe, ha riaperto il 55 per cento di bar e ristoranti. Ma i locali del centro sono rimasti praticamente deserti a causa dell'assenza dei turisti. A livello nazionale sempre Confesercenti fa una media: sono ripartiti sei esercizi commerciali su dieci. «Riapertura senza rimbalzo», è la sintesi del primo giorno di Fase 2. «Qualche difficoltà in più soprattutto nelle località turistiche - spiega una nota -, dove la mancanza di viaggiatori si fa sentire. Con l'eccezione dei servizi alla persona». Le armi messe in campo dagli esercenti sono determinazione, rispetto delle regole per dare sicurezza ai clienti e promozioni.
Le file si sono viste fuori dai parrucchieri, mentre il movimento nei bar è stato fiacco. Un po' per le regole di distanziamento un po' per il mancato ritorno in molti uffici degli impiegati che di solito popolano la pausa pranzo.
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