Hanno litigato dall'inizio alla fine di una giornata campale per il calcio e il contagio da Covid-19. Hanno cominciato gli esponenti del governo, hanno finito le due società coinvolte, Genoa e Torino alle prese con la richiesta di rinviare la sfida di campionato fissata per sabato sera a Marassi. Nell'intermezzo c'è stato anche il giallo del centro sportivo di Pegli, residenza degli allenamenti della squadra di Preziosi: chiuso ieri, mercoledì, riaperto per i prossimi giorni in forza di una dichiarazione dell'Asl 3 del capoluogo ligure. A completare la cronaca di un mercoledì da matti, la riunione del consiglio direttivo della Lega di serie A cominciata alle 16.30, interrotta alle 18 per consentire a Beppe Marotta, ad dell'Inter in call da Benevento dove ha seguito la squadra, di assistere alla goleada neroazzurra contro Pippo Inzaghi per poi riprendere il collegamento alle ore 20 e finita alle 21 circa senza alcuna decisione in merito.
L'unica nota distensiva è arrivata da Napoli con la notizia, pubblicata dall'account twitter del club campano, con l'esito dei tamponi: tutti negativi. Allarme parzialmente superato e sospiro di sollievo anche se tra oggi giovedì e venerdì, prima della partenza per Torino, in vista della sfida con la Juve, i test saranno ripetuti. E questo per sventare il pericolo dell'incubazione.
L'esempio, vizioso, come al solito, l'ha dato la politica. Sandra Zampa, sottosegretaria alla Salute, incurante del consiglio ricevuto in tempi non sospetti del nipote («mi ha sempre detto: non parlare di calcio!») è andata in radio e ha sparato a palle incatenate. «I protocolli parlano chiaro - ha tuonato- il campionato dev'essere sospeso». E per risultare ancora più esplicita ha aggiunto: «Il Cts è radicalmente contrario alla presenza dei tifosi negli stadi». Sono saltate le marcature, a quel punto. È dovuto intervenire, in tackle scivolato Vincenzo Spadafora, ministro con delega allo Sport che ha addirittura definito le parole della collega di governo avventate e ha rassicurato il calcio garantendo che «non ci sono le condizioni per sospendere il campionato». A quel punto la scena si è trasferita a Genova dove i calciatori del Genoa sono arrivati in processione al centro di Pegli, restando in auto si sono sottoposti al tampone e sono rientrati a casa in attesa del responso. In serata un comunicato del club rossoblù ha fornito l'elenco dei tesserati positivi al Covid (Cassata, Lerager, Marchetti, Melegoni, Pellegrini, Perin, Pjaça, Radovanovic, Schone, Zappacosta) più il 15esimo del gruppo, Behrami e i componenti dello staff sanitario (Cistaro, Donato, Gatto, il medico, Perasso).
Preziosi ha invocato l'applicazione del buon senso e reclamato il rinvio della partita. Motivazione sulle prime inoppugnabile: «Non possiamo allenarci, il centro di Pegli è stato chiuso». Qualche ora dopo, però, Anna Opisso, responsabile del settore profilassi dell'Asl3 di Genova, ha informato le autorità che «la chiusura era un impedimento momentaneo» e che da oggi sarà possibile «far tornare i negativi ad allenarsi regolarmente».
Così ha ripreso forza la posizione di Federcalcio e Lega, contrarie allo spostamento in omaggio al dispositivo dell'Uefa che stabilisce l'obbligo di giocare «fino a quando ci sono 13 calciatori negativi» (la prossima assemblea di Lega dovrà però far sua la norma altrimenti Preziosi può impugnarla).
Cairo, il presidente del Torino, si è seduto dalla parte della ragione e della regola. Eppure non è stato sufficiente per raggiungere un provvedimento che mettesse un punto fermo sulla vicenda.
Così, alla maniera del governo Conte due, il presidente Dal Pino ha deciso di aggiornare a oggi, giovedì, la riunione e quindi la scelta definitiva, a 48 ore dall'appuntamento fissato in calendario. Un'altra brutta figura, insomma.
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