L'ospedale in Fiera diventa parte integrante del piano di rafforzamento delle terapie intensive. Avrà «un ruolo specifico»: insieme a quello di Bergamo si attiverà in caso di «allerta di livello 2» dell'epidemia. Dovrebbe chiudersi così, definitivamente, ogni margine di polemica strumentale contro il centro d'emergenza realizzato nella seconda metà di marzo a Milano, ora in «stand-by» con le dimissioni - ieri - dell'ultimo paziente. Dovrebbe chiudersi ogni polemica con l'annuncio dell'assessore lombardo al Welfare, Giulio Gallera, che ieri in Consiglio regionale ha delineato i progetti di sviluppo e riforma della sanità dopo il picco della crisi Covid. Ma la certezza che si placheranno gli attacchi non c'è, perché la sinistra - contro ogni evidenza, e contro ogni coerenza - ha dimostrato di voler contestare a ogni costo la realizzazione dell'ospedale nell'ambito del suo assedio globale alla Regione Lombardia, anche a costo di contraddire clamorosamente se stesso e i suoi eletti.
La Regione ha deciso a metà marzo di costruire un nuovo centro di terapia intensiva, senza un euro di spesa pubblica. Il governatore Attilio Fontana, in un'intervista al Corriere, ieri è tornato a quei giorni terribili, rivelando che lo aveva convinto a realizzarlo l'incontro con un medico affranto per aver dovuto compiere una drammatica scelta fra due pazienti da salvare. Quella era effettivamente la situazione. Tale era l'emergenza che il Pd cercò di «mettere il cappello» sul progetto, tanto da annunciare (il 18 marzo) «una notizia molto importante» attribuita al suo ministro Francesco Boccia: la notizia che l'ospedale in Fiera sarebbe entrato a far parte della rete nazionale di emergenza, «dimensionato secondo criteri di efficienza e sostenibilità». Il 21 marzo d'altra parte, l'eurodeputato milanese Pd Piefrancesco Majorino (oggi fautore della proposta di commissariare la Regione) si augurava che non ci fosse «altro tempo da aspettare per l'ospedale in Fiera». Due mesi dopo, invece, il Pd parlava già dello stesso progetto come del «fiore all'occhiello della mancanza di strategia della Regione», in un clima di crescente ingenerosa ostilità nei confronti di Fontana e della sua giunta, un clima che ieri ha indotto qualcuno a disegnare un «murales» raffigurante Fontana che accoltella la rosa camuna simbolo della Lombardia, proprio in viale Teodorico, dove sorge l'ospedale. Centri simili nel frattempo sono stati realizzati in altre regioni italiane, per esempio nelle Marche, ma anche in città europee come Berlino, dove (anche lì nel quartiere fieristico) è stato costruito un ospedale «di riserva», battezzato così dal ministro della Salute del Land Dilek Kalayci e inaugurato dal presidente federale Frank Steinmeier.
Ora vedremo cosa deciderà il governo italiano, tenuto conto che la giunta regionale all'inizio della settimana prossima dovrebbe approvare il progetto di sviluppo delle terapie intensive, per poi presentarlo al governo il 17 giugno. «Il Governo - ha detto Gallera ieri in Consiglio - ci ha dato indicazioni precise per piani Covid». Queste indicazioni prevedono «un piano di rafforzamento dei posti in terapia intensiva, sub intensiva e del territorio». La Regione deve aumentare del 70% i posti di terapia intensiva, portandoli da 861 a oltre 1.400, inoltre deve raddoppiare le subintensive, portandole da 364 a 700.
In questo piano si individuano «vari livelli» da attivare in base alla diffusione del virus e nel secondo livello la Regione prevede l'impiego degli ospedali in Fiera di Milano e Bergamo, che «consentiranno di continuare le attività ordinarie per altre patologie e dall'altro di avere la capacità di fronteggiare questo virus». Ci sono «importanti fondi nazionali» a disposizione - ha spiegato Gallera - e saranno integrati «come abbiamo sempre fatto con risorse nostre».
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