Nel piano del governo tre livelli di allerta

L'emergenza scatta solo se la domanda supera l'offerta. Il ruolo delle riserve

Nel piano del governo tre livelli di allerta

Tre livelli di allerta per tre diversi scenari dai diversi impatti socio-economici. In Italia, e a breve anche in Europa, è previsto un Piano di emergenza del sistema italiano del gas naturale. L'ultimo aggiornamento risale al 30 settembre 2020, ma nello scenario critico in cui ci troviamo potrebbero esserci evoluzioni a breve, probabilmente imposte da Bruxelles. E l'ipotesi peggiore è che l'Europa ci imponga dei razionamenti.

Al momento, i tre diversi scenari ipotizzati dal piano d'emergenza servono per correre ai ripari in un contesto di crescente escalation che porti all'improvvisa chiusura delle forniture del gas. Il primo caso, preallarme (early warning) è quello in cui ci troviamo oggi in Italia dopo lo scoppio della guerra in Ucraina; se la situazione si aggrava si passa poi ad allarme (alert) e poi a emergenza (emergency).

Nei primi due casi il mercato funziona ancora e c'è un monitoraggio costante. Solo nel terzo caso scattano misure straordinarie: dall'utilizzo dello stoccaggio strategico, alla interrompibilità della fornitura ad alcuni settori industriali. Il ministero della Transizione ecologica ha dichiarato lo scorso 26 febbraio lo stato di preallarme, che scatta quando ci sono informazioni serie secondo cui può verificarsi un evento che potrebbe ridurre le importazioni: eventi climatici estremi o, come ora, una guerra in corso. L'alert scatta per l'interruzione della fornitura e/o in caso di eventi climatici sfavorevoli di eccezionale intensità.

Si entra in emergenza quando la fornitura di gas è insufficiente a soddisfare la domanda. Può essere conseguente allo stato di allarme o scattare all'improvviso e prevede varie misure: interventi per incrementare la disponibilità di gas in rete, regole di dispacciamento della produzione di energia elettrica, riduzione obbligatoria del prelievo di gas dei clienti industriali, definizione di nuove soglie di temperatura e/o orari per il riscaldamento, stop alla fornitura verso i clienti non tutelati, stop della tutela di prezzo, utilizzo dello stoccaggio strategico, interrompibilità del gas per alcune industrie.

A livello di stoccaggi strategici, l'Italia ha per ora 13 depositi a livello nazionale, per una capacità di oltre 18 miliardi di metri cubi di gas a fronte di un consumo di 76 miliardi di mc (2021). L'Italia è il secondo Paese dell'Unione Europea per capacità di stoccaggio dopo la Germania. Attualmente i depositi sono pieni al 30% circa, quindi per circa 5,4 miliardi di metri cubi. Per «incentivare» le aziende a fare scorta e a riempire i depositi almeno al 90% come vuole il governo e come ha indicato Bruxelles è stato varato un «premio giacenza», che vale 5 euro al megawattora. Per favorire lo stoccaggio è stata anche aumentata la frequenza delle aste, che si svolgeranno tutte le settimane.

Nello scenario, per ora solo ipotetico, di un'interruzione del gas russo sarà inevitabile limitare i consumi. Tra le ipotesi prese in considerazione dall'esecutivo c'è quella di una riduzione dell'illuminazione di monumenti, edifici e luoghi pubblici. O quella di rimodulare l'attività industriale di alcune filiere. Dall'Europa però potrebbero arrivare presto novità.

L'Ue starebbe preparando un piano per il 18 maggio che prevede razionamenti di gas per chi si trova strettamente dipendente dal gas russo (Italia e Germania), e condivisioni per chi invece, come la Spagna, ha già di suo altre fonti di approvvigionamento.

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