«Mariupol è come Genova, immaginatela distrutta. La guerra è stata creata e organizzata da una sola persona. Bisogna fermare quell'uomo».
È il giorno di Volodymyr Zelensky e del suo intervento in videoconferenza davanti all'aula di Montecitorio, una modalità inedita per le Camere, che pure accolse Juan Carlos nel 1998, Papa Giovanni Paolo II nel 2002 e Ban Ki Moon nel 2015. Il Parlamento convocato in seduta comune indossa l'abito delle grandi occasioni per la tappa italiana del tour virtuale del presidente ucraino, un capo di Stato liberamente eletto costretto a collegarsi quasi in maniera clandestina. Un discorso che scuote le coscienze, commuove l'aula e - al netto delle dissociazioni degli assenti - unisce deputati e senatori in una standing ovation, un abbraccio sonoro al popolo ucraino, impegnato con ogni forza a resistere all'assedio del vicino russo.
Zelensky, maglietta nera e camicia militare, ascolta le parole di solidarietà e benvenuto di Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati, seduti uno accanto all'altra. Poi prende la parola e tocca le corde dell'evocazione e della condivisione del dolore, dell'afflato pan-europeo, dell'amicizia tra l'Italia e l'Ucraina, senza indulgere nella tentazione della grande chiamata alle armi. Non cita mai il nome di Vladimir Putin ma il messaggio risuona forte e chiaro: «Fermate quell'uomo. Il nostro popolo è diventato l'esercito. Immaginate Mauriupol come una Genova completamente bruciata. Come una città da cui scappano le persone per raggiungere i pullman per stare al sicuro».
Zelensky lancia il suo monito: l'obiettivo dei russi «è l'Europa, influenzare le vostre vite, avere il controllo sulla vostra politica e la distruzione dei vostri valori. L'Ucraina è il cancello per l'esercito russo, loro vogliono entrare in Europa ma la barbarie non deve entrare». Barbarie che si accompagnano a stupri e violenze. «A Kiev i russi torturano, violentano, rapiscono bambini, distruggono e con i camion portano via i nostri beni». Zelensky aggiorna la contabilità delle vittime. «Una settimana fa ho parlato a un incontro a Firenze, ho chiesto a tutti gli italiani di ricordare il numero 79, che era il numero di bambini uccisi. Ora purtroppo sono saliti a 117, a causa del procrastinarsi della guerra. Con la pressione russa ci sono migliaia di feriti, centinaia di migliaia di vite distrutte, di case abbandonate, i morti nelle fosse comuni e nei parchi. Gli ucraini sono stati vicini a voi durante la pandemia, noi abbiamo inviato medici e gli italiani ci hanno aiutati durante l'alluvione. Noi apprezziamo moltissimo ma l'invasione dura da 27 giorni, quasi un mese: abbiamo bisogno di altre pressioni». Zelensky non chiede armi, ma suggerisce altre sanzioni: «Funzionari e oligarchi russi utilizzano l'Italia per le loro vacanze. Non dovete accogliere queste persone. Dovete congelare immobili e conti, sequestrare gli yacht e congelare gli asset di chi in Russia ha potere di decisione. Dovete sostenere le sanzioni e l'embargo contro le navi russe nei vostri porti, non dovete permettere consentire eccezioni alle sanzioni per nessuna banca russa».
E sulle parole di Zelensky arriva anche la lettura di Georg Alburov, uno dei più stretti collaboratori di Alexei Navalny, grande oppositore di Vladimir Putin. «Zelensky oggi ha chiesto il sequestro dello Scheherazade», megayacht a 6 piani di 140 metri che apparterebbe al capo del Cremlino. «Con una ricerca open source siamo riusciti a identificare almeno dieci ufficiali dell'Fso (l'agenzia che protegge Putin) che sono elencati come membri del personale dello yacht e se ne prendono cura costantemente. Pensiamo sia una prova abbastanza solida che dimostra che appartiene allo stesso Putin e deve essere immediatamente sequestrato».
Il plauso dei leader politici al discorso del presidente ucraino è unanime. «Non si può confondere la pace con la resa» dice Anna Maria Bernini. «In Parlamento un momento di rara intensità che ha fatto onore a tutto il popolo italiano» commenta Enrico Letta. «Ha parlato di pace - dice Matteo Salvini -. Io sono in difficoltà quando qualcuno parla di armi». Matteo Renzi chiede di dare spazio alla speranza: «La pace passa dalla tregua, la tregua passa dall'accordo, l'accordo passa dalla diplomazia». Giuseppe Conte si dice pronto a «lavorare senza sosta per la pace».
E Giorgia Meloni saluta «l'intervento di un leader europeo, che parla al cuore e ai valori della nostra comune civiltà. Il nostro futuro e la nostra libertà dipendono anche dal coraggio del popolo ucraino di opporsi al neoimperialismo russo».
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