Ma nell'"accozzaglia" anti urne spuntano pure i suoi

Fedelissimi di Matteo nel partito trasversale che non vuole le elezioni anticipate

Ma nell'"accozzaglia" anti urne spuntano pure i suoi

Roma - Matteo Renzi ci ha provato. L'elezione di Salvatore Torrisi a presidente della commissione Affari costituzionali del Senato ai danni del candidato del Pd Giorgio Pagliari, sembrava il pretesto ideale per far saltare il banco. Crisi di governo e Armageddon elettorale in autunno, per saldare i conti in sospeso con «l'accozzaglia» che lo ha sconfitto al referendum del 4 dicembre. Tra l'ex presidente del Consiglio e il voto anticipato si è però frapposto un muro invalicabile, un fronte trasversale che per il momento non vuole sentir parlare di ritorno alle urne. Un raggruppamento che comprende la stragrande maggioranza dei parlamentari, compresa una parte di quelli leali a Renzi.

L'altolà ai propositi bellicosi del segretario uscente del Pd non è stato imposto soltanto da Sergio Mattarella e Pietro Grasso. Con le due più alte cariche dello Stato si è schierata una fetta consistente del Partito democratico, assieme ai neo-costituiti Articolo 1 e Alternativa popolare, che hanno bisogno di tempo per conquistare consensi. Dario Franceschini e Andrea Orlando, che controllano 180 tra deputati e senatori, insistono perché si arrivi a scadenza naturale. Quest'ultimo, candidato alla segreteria del Pd, non ha intenzione di affrettare i tempi e prende le distanze dall'ex «gemello» Matteo Orfini, che ha più volte detto di considerare la legislatura conclusa. «Renzi vuole votare, ma non tutti i renziani sono d'accordo con lui», sussurrano dal Pd. I parlamentari direttamente legati al capo, poco più di cinquanta, stanno adottando una resistenza passiva. Tirano a campare, rallegrandosi delle sabbie mobili nelle quali è sprofondata la legge elettorale, che la prima commissione della Camera discute a vuoto da due mesi. Se Renzi al momento non è che un comune cittadino, i suoi sostenitori continuano a occupare ruoli di primo piano. Solo un preciso ordine li costringerebbe a schierarsi per il voto anticipato, assieme al gruppo di Orfini e a quello di Maurizio Martina.

Nel centrodestra la situazione è in divenire. Berlusconi sta rinsaldando i legami con Matteo Salvini e Giorgia Meloni. L'accordo di coalizione dipenderà dalla legge elettorale. Il leader di Forza Italia vuole il proporzionale, i leghisti il Mattarellum. Sulla carta i sovranisti chiedono di votare prima possibile, ma attendono sviluppi sulle regole.

Alla Camera il fronte pro-urne raggrupperebbe un centinaio di onorevoli del Pd, da sommare a 91 grillini, 19 leghisti e agli 11 iscritti a Fratelli d'Italia. Fanno 221 deputati su 630, un terzo dell'assemblea.

Non va meglio al Senato, dove la maggior parte del gruppo Dem fa capo alla corrente di Franceschini. Renzi e Orfini contano su meno di venti senatori, da sommare a 35 pentastellati e a 12 leghisti. Solo 67 eletti su 315 sarebbero favorevoli a staccare la spina anzitempo a governo e parlamento.

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