"Nessuna pandemia. Il virus è più insidioso ma c'è un vaccino"

Il docente: "Non c'è trasmissione aerea. Allarme Oms? Per far produrre più sieri"

"Nessuna pandemia. Il virus è più insidioso ma c'è un vaccino"
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Professor Giovanni Rezza, docente di Igiene e Sanità Pubblica all'Università Salute e Vita del San Raffaele di Milano, c'è un'altra emergenza sanitaria planetaria dovuta al cosiddetto vaiolo delle scimmie. Siamo di fronte al rischio di un'altra pandemia?

«No, assolutamente no. Bisogna evitare inutili e sterili allarmismi. La differenza rispetto al Covid è enorme. Anche perché questo virus è a Dna, che tende a mutare ma lo fa più lentamente, perché fa meno errori, fatica a cambiare le sue caratteristiche».

Però qualche cambiamento c'è stato, il nuovo ceppo Clade 1, sembra essere più grave rispetto a Clade 2, fa più paura.

«È vero, l'ultima variante è più insidiosa, si trasmette anche le goccioline di saliva, si può contagiare gli altri quando ci si trova in ambienti ristretti e affollati, quindi i focolai possono scatenarsi in famiglia o nei pronto soccorsi degli ospedali. Ma non c'è trasmissione aerea».

Questo nuovo ceppo Clade 1 sta facendo anche vittime in Congo anche tra i bambini.

«È più aggressivo clinicamente. Quindi non sono solo pustole fastidiose ma anche febbre alta, complicanze che possono portare anche alla morte. E dal punto di vista territoriale è sconfinato nei paesi africani limitrofi».

Ma dopo i focolai del 2022 non si è più parlato di questo virus.

«In realtà questo ceppo è un cugino del vaiolo, che si è estinto nel 76 grazie al vaccino. Poi la vaccinazione è stata abbandonata e la popolazione ha perso le sue protezioni (da infezione o da vaccino). Così ha trovato terreno fertile il nuovo virus di natura zoonotica, l'Mpox simile al vaiolo ma meno aggressivo e contagioso. Inizialmente si contagiava solo chi veniva a contatto con gli animali infetti. Il passo successivo è stata la trasmissione da persona a persona: attraverso rapporti sessuali oppure con la vicinanza stretta con altri soggetti infetti. Questa mutazione, Clade 1, però complica un po' le cose perché è più facilmente trasmissibile».

Da qui l'allarme dell'Oms?

«In realtà è stato il Cdc africano a lanciare l'allerta regionale. Poi si è aggiunto il parere dell'Oms che ha dichiarato l'emergenza sanitaria internazionale».

Ma è allarmismo ingiustificato?

«La risposta dell'Oms è più preventiva che sostanziale, vuole giocare in anticipo e vorrebbe stimolare la produzione del vaccino esistente che è efficace e sicuro ma che attualmente viene prodotto solo da una ditta di nicchia, danese. E le dosi sono poche per i paesi africani colpiti. Per un'opera di prevenzione bisogna aumentare l'accesso dei vaccini alla popolazione».

Però spunta anche il primo caso europeo, in Svezia.

«D'ora in poi si comincerà la litania dei casi sporadici, uno qua uno là. Ma questo è un caso di importazione, non europeo, è stato infettato in Africa e poi diagnosticato in Europa al suo rientro. Ci dovremo preoccupare quando siamo di fronte a un focolaio, per esempio, un malato che infetta tutta la famiglia».

E ci saranno?

«Aspettiamo altri casi, che ci saranno anche in Europa, ma non è detto che diano lunga catena di trasmissione».

Però abbiamo cominciato così con il Covid.

«Le modalità epidemiche sono diverse, questo virus somiglia più all'Aids, resta comunque preponderante la trasmissione sessuale».

Che accorgimenti vanno presi per mettersi al riparo dai rischi di contagio?

«In questo momento evitare le zone infette come in Congo od ovunque si verifichino dei casi. Poi è opportuna molta informazione sui contatti a rischio, com'è successo nel 2022 dove il risultato del coinvolgimento della comunità gay fu molto buono».

Ma quando ci si ammala qual è la cura?

«C'è un farmaco attivo quanto sei contagiato, molto efficace e la malattia dura due o tre settimane».

Nell'ipotesi

peggiore, senza vaccini sufficienti in Africa cosa potrebbe succedere?

«Dobbiamo essere preparati ad ogni scenario possibile ma potrebbe essere una nuova rogna per tutti e noi dovremmo tenere gli occhi ben aperti».

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