Netanyahu esulta, Zelensky trema. La "pace" di Trump e i timori Nato

Il ritorno alla Casa Bianca del tycoon rivoluzionerà i dossier esteri. Putin non si congratula. I nodi da sciogliere su Medioriente e Taiwan

Netanyahu esulta, Zelensky trema. La "pace" di Trump e i timori Nato
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Il clamoroso ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca rischia di trasformarsi in un incubo non solo per l'Ucraina, ma anche per Taiwan. La sua generica promessa di porre fine alle guerre e il suo approccio negativo nei confronti degli alleati europei degli Stati Uniti incoraggiano speranze al Cremlino, anche se ieri il suo portavoce ha espresso cautela. «In campagna elettorale - ha detto Dmitry Peskov - Trump ha promesso soluzioni rapide della guerra in Ucraina, ma bisogna aspettare il suo insediamento e vedere se lo farà». Intanto «il presidente Putin non ha in programma di congratularsi con lui per l'elezione: stiamo parlando di un Paese ostile e coinvolto in un conflitto contro la Russia». È illusorio aspettarsi da Trump un ruolo di guida dell'Occidente contro i suoi nemici: da simpatizzante della «democrazia illiberale» alla Orbàn, infatti, gli manca una visione realistica dell'Asse delle dittature ostile al nostro mondo. Vediamo nel dettaglio i singoli dossier.

Ucraina Trump ha più volte chiarito che della libertà dell'Ucraina non gli importa nulla. Ha detto che, una volta presidente, risolverà la questione della guerra in 24 ore, ma si rifiuta di spiegare come. Ha sempre disprezzato il presidente Zelensky, trattandolo da inutile parassita del contribuente americano. È lontanissimo dall'idea di Biden e Harris, che considerano la difesa di Kiev interesse nazionale Usa. Quando dice di voler risolvere il conflitto con un negoziato, Trump finge di mettere Zelensky e Putin sullo stesso piano (il che è già grave in sé), ma in realtà intende bloccare gli aiuti americani a Kiev per costringerla a subire condizioni vantaggiose per Mosca: cedere territori e impedirle l'ingresso nella Nato. Posando da pacifista, Trump potrebbe indebolire la Nato e incoraggiare le mire espansionistiche di Putin mettendo a rischio l'Ucraina di una capitolazione e l'Europa Orientale di nuove aggressioni: uno scenario disastroso.

Medio Oriente Trump è molto vicino a Netanyahu, ma non vuole che gli Usa si trovino impelagati in un conflitto mediorientale. Manda messaggi confusi e contraddittori a Israele, e non è chiaro se lo incoraggerà a chiudere i colpi con l'Iran o se vorrà anche qui applicare il suo mantra di «porre fine alle guerre». Dopo il 7 ottobre 2023, l'unico suo successo diplomatico del primo mandato - i patti di Abramo tra quattro Paesi arabi e Israele - rischia di fallire: se però Trump riuscisse a contenere l'Iran e a rilanciare il percorso di pacificazione in Medio Oriente che aveva avviato, sarebbe un gran colpo. Improbabile però, visto il suo rifiuto di cogliere il senso dei legami profondi di Teheran con Russia e Cina.

Taiwan e Cina Nella sua retorica elettorale, Taiwan è solo un concorrente degli Usa nel settore strategico dei microchip.

Un altro parassita del contribuente americano che «non ci dà niente e deve pagare per essere difeso da noi». Al tempo stesso, però, Trump vede nella Cina che si prepara ad aggredire Taiwan un nemico da combattere. Qualcuno dovrà schiarirgli le idee prima che sia troppo tardi.

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