La decisione dell'Italia di votare alla riunione degli ambasciatori Ue contro la proposta di regolamento europeo che impone lo stop alle auto con motore endotermico dal 2035, ha prodotto un primo scossone in seno alle istituzioni europee con la scelta della presidenza svedese di rimandare il voto previsto per ieri. Oltre all'Italia, anche la Polonia aveva annunciato il voto contrario e la Bulgaria la propria astensione, mentre la Germania, con le parole del ministro dei Trasporti Volker Wissing, si era detta pronta a bloccare il compromesso raggiunto dagli Stati membri senza «una risposta vincolante alla domanda su come gestire i motori a combustione dopo il 2035».
Il rinvio potrebbe essere avvenuto alla luce di un voto a maggioranza qualificata che rischiava di essere incerto poiché la maggioranza si raggiunge solo se sono soddisfatte contemporaneamente due condizioni: il 55% degli Stati membri vota a favore (in pratica 15 paesi su 27) e gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65% della popolazione totale dell'Ue. Ciò significa che una minoranza organizzata avrebbe potuto far prevalere il no.
Il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso ha spiegato come sia stato decisivo il ruolo dell'Italia nel rinvio del voto: «con il nostro no abbiamo svegliato l'Europa. Speriamo che altri comprendano che è l'ora della ragione non certo della rassegnazione. Su tutti i dossier saremo in campo sino alla clausola di revisione del 2026». Urso ha poi aggiunto che «occorre calibrare meglio gli incentivi e incentivare la produzione di autovetture in Italia».
Anche l'europarlamentare Carlo Fidanza ha sottolineato come sia stato «decisivo il no del governo Meloni e i dubbi della Germania» per un rinvio al «via libera (quasi) definitivo allo stop delle auto a benzina e diesel», aggiungendo che si tratterebbe di «un colpo mortale per migliaia di aziende dell'indotto e ci consegnerebbe mani e piedi alla Cina».
La posizione italiana è stata chiarita in una dichiarazione inviata alla presidenza del Consiglio dell'Ue. Pur sottolineando l'impegno nella riduzione delle emissioni di CO2, si legge, «non crediamo, tuttavia, che essa debba rappresentare, nella fase di transizione, l'unico percorso per raggiungere le emissioni zero». Nel documento si sottolineano le ricadute della decisione europea: «le auto con motore termico sono di proprietà di cittadini a basso reddito e rimarranno in circolazione oltre il 2035. Il successo delle auto elettriche dipenderà molto dal modo in cui diventeranno accessibili per questi cittadini». Da qui la conclusione: «stabilendo un obiettivo di riduzione delle emissioni del 100% nel 2035, e non prevedendo alcun incentivo per l'uso di carburanti rinnovabili, il regolamento proposto non è in linea con il principio di neutralità tecnologica».
Oltre al ruolo dell'Italia, sarà determinante la posizione della Germania dove però il governo è diviso e il ministro dell'Ambiente Steffi Lemke ha polemizzato con il suo collega ai trasporti Wissin dichiarando che la Germania dovrebbe «agire in modo affidabile a livello europeo e mantenere le promesse
fatte». Una possibile mediazione è l'ipotesi che la Commissione presenti una proposta per permettere alle nuove automobili con motore a combustione di circolare anche dopo il 2035 purché alimentate con carburanti puliti.
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