Il «caso del giorno», in Rai come in Parlamento, è quello di Paolo Corsini (nella foto). Il direttore dell'Approfondimento Rai, nel corso della moderazione di un dibattito alla Festa di Atreju, soffermandosi sull' «orgoglio italiano», citato nel titolo della manifestazione, sostiene di parlare come giornalista, ma anche come «militante». E si concede una battuta su chi «ha preferito occuparsi di come vestirsi e di che colori utilizzare, piuttosto che confrontarsi», con riferimento alla scelta di Elly Schlein di declinare l'invito alla festa di Fratelli d'Italia.
Apriti cielo. Il primo a puntare l'indice è Sandro Ruotolo, responsabile Informazione del Partito Democratico, già giornalista Rai, eletto al Senato nel 2020 per il centrosinistra, non rieletto nel 2022 e diventato poi portavoce della mozione Schlein in Campania. «Può un dirigente della Rai aprire la festa di partito e dire pubblicamente noi di Fratelli d'Italia? E può attaccare dal palco di Atreju la segretaria del Pd?». La conclusione? Ruotolo chiede le dimissioni di Corsini da direttore dell'approfondimento giornalistico della Rai. Da lì a poco si moltiplicano accuse e polemiche da parte del Pd come dell'Usigrai e un rilievo arriva anche dalla presidente della Rai Marinella Soldi: «Credo che un giornalista del servizio pubblico debba garantire un atteggiamento sempre equidistante, a prescindere dal contesto in cui opera». L'amministratore delegato di Viale Mazzini, Roberto Sergio, avrebbe invece chiesto una relazione alla Direzione del Personale e chiesto di visionare il video.
Da Fratelli d'Italia si replica sottolineando il sapore paradossale di una accusa di questo tipo. E se Francesco Filini, capogruppo in Vigilanza Rai, definisce «la campagna mediatica scatenata dalla sinistra pregiudiziale e del tutto campata in aria» aggiungendo che «mette in luce tutta la frustrazione del Pd nei confronti di una festa a cui la loro leader ha deciso di non partecipare», Alfredo Antoniozzi aggiunge: «Mi pare difficile che Pd e Cinquestelle possano scagliare per primi la pietra». Pizzica l'Usigrai la componente sindacale Pluralismo e Libertà. «L'Usigrai persevera nel gioco di sponda alle sigle politiche di centrosinistra. Corsini non manca certo di attenzione verso il pluralismo. In commissione di vigilanza Rai, ad esempio, ha spiegato chiaramente come Report sia autonoma nel suo operato. È bene poi ricordare che non ricordiamo prese di posizione di Usigrai quando, nel passato più recente, giornalisti del servizio pubblico hanno presenziato attivamente a manifestazioni di partito (oggi di minoranza) o si sono distinti per feroci attacchi politici a destra e a manca attraverso le loro pagine social, in spregio delle regole che disciplinano l'uso dei social-media personali».
È il diretto interessato - in Rai dal lontano 1996 con una lunga gavetta alle spalle - a spegnere il fuoco delle polemiche presentando le proprie scuse. «Spiace per parole riprese fuori contesto, mi scuso. Quando si estrapolano parole si corre sempre il rischio di prestarsi a facili critiche e strumentalizzazioni».
E parlando con La Stampa aggiunge: «Potrei farle l'elenco di tutti i colleghi che hanno partecipato, sul palco, a congressi di partito. Andrei alla Festa dell'Unità? Certo. Allora che direbbero tutti? Che ho cambiato casacca?». Dunque la casacca c'è, la controreplica. «Tutti abbiamo un nostro pensiero politico, ci mancherebbe».
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