"Noi in prima linea e con la paura di un assalto". Un medico su due aggredito da malati e parenti

Operato al volto l'immunologo Le Foche dopo i pugni del paziente ex pugile a fine visita

"Noi in prima linea e con la paura di un assalto". Un medico su due aggredito da malati e parenti
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La brutale aggressione dell'immunologo Francesco La Foche, che ieri ha subito un primo intervento al naso a cui seguirà quello ad un occhio, è l'ultimo di un triste e lungo elenco di fattacci in cui le vittime sono quelli che curano e salvano vite. Eppure, un medico su due ha subìto almeno un'aggressione, il 4% è stato vittima di violenza fisica. Nel triennio 2019-2021 gli episodi di aggressione sono stati 4821 per una media di circa 1600 all'anno. E in sette casi su dieci la vittima è una donna.

Ma i numeri sono freddi, non si avvertono mai come un pericolo. Per questo abbiamo raccolto due testimonianze, drammatiche, di medici che hanno vissuto sulla propria pelle la parte oscura della professione.

Giovanni Bergantin, veneto internista. La sua vita è cambiata 5 anni fa. «Stavo finendo il turno nel poliambulatorio che rientra nel progetto di medicina territoriale racconta mi sono avvicinato ad un signore appena entrato in studio per sapere di cosa aveva bisogno. Ma lui senza rispondere mi ha aggredito, ha cominciato a sferrare pugni e calci dappertutto e per il dolore ho perso conoscenza». L'uomo aveva problemi psichici e di sicuro non si è fatto un giorno in cella. «Nel frattempo - racconta Bergantin - sono finito in ospedale per trauma cranico, ho subito due interventi e sono caduto in depressione, avevo paura e mi sentivo a disagio anche con i colleghi. È difficile per un medico diventare un paziente». Quanto è capitato a La Foche ha fatto rivivere a Bergantin il suo vecchio trauma: «Ho ripercorso quei minuti di terrore e fa molto male. La brutalità che ho subìto fatica a sparire e fa rabbia pensare che non riusciamo a fare alleanza con il paziente».

Un'alleanza che Manuel Ruggiero, napoletano, medico del 118, non ha mai sperimentato durante la sua esperienza sulle ambulanze. «I colleghi che lavorano in studio sono soli e quindi più esposti rispetto a chi lavora negli ospedali dove comunque c'è la vigilanza e a volte anche un presidio di polizia anche se mai notturno. Ma per chi opera in ambulanza il paziente resta un'incognita ed entrare in una casa privata a volte è un rischio».

E Ruggiero ne ha viste davvero di tutti i colori nei sette anni in cui ha lavorato alla Asl Napoli 1 più di un milione di napoletani e diciotto ambulanze a disposizione, solo 5 con il medico. «Un giorno siamo intervenuti per un arresto cardiaco. L'infartuato era in condizioni disperate però ho tentato il massaggio cardiaco. Ero attorniato dai parenti che, non vedendo miglioramenti, mi hanno tempestato la schiena a calci e pugni mentre ero chino sul paziente: se la prendevano con me, per il ritardo dell'intervento».

Poi c'è stata la volta del giovane alterato. «Aveva già picchiato i genitori quando siamo intervenuti noi del 118. Era molto agitato e davanti a nostri occhi ha mandato in frantumi un tavolo in vetro e con una grossa scheggia a minacciato di sgozzarci. Siano riusciti in tempo a scappare e rifugiarci in ambulanza in attesa dell'arrivo della polizia».

Storie tragicomiche ma «lasciano cicatrici che uno si porta dentro spiega il medico alcuni scappano dalla prima linea e si rifugiano in ospedale o scelgono la medicina di base». E anche lì non c'è da stare allegri. «Un mio collega di Quarto, ha ricevuto un cazzotto in pieno volto perché si era rifiutato di prescrivere un farmaco» racconta Ruggiero che ricorda un altro caso di intervento del 118 da brividi: «Un medico -donna interviene a Calata Capodichino, in un appartamento trova una signora sulla sedia dolorante accudita dal marito, che con una pistola in mano, minaccia la collega: cura mia moglie o ti sparo, le ha detto. Altro che rispetto per il medico, noi lavoriamo in una giungla».

E in effetti solo nell'anarchia più totale, può avvenire quanto è successo nei quartieri Spagnoli dove un gruppo di amici del ferito in un incidente stradale ha sequestrato un'ambulanza per prelevare l'amico dalla strada e portarlo in ospedale, per non perdere tempo prezioso.

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