Fermare il crollo demografico e invertire un trend desolante. Il segno più al posto del meno che certifica il declino costante delle nascite. «Dobbiamo dare una prospettiva alle coppie che oggi hanno paura a investire sui figli. Dobbiamo pensare a gesti concreti per liberare le loro aspettative», spiega al Giornale il ministro della Famiglia Elena Bonetti (Italia Viva) al termine di una giornata a suo modo storica: la celebrazione a Roma degli Stati generali della natalità, presenti Papa Francesco e il premier Mario Draghi.
Ministro, il Papa e il premier sullo stesso palco, quello della famiglia.
«Mi sono emozionata. Tutti e due hanno usato parole durissime contro la denatalità che uccide il nostro futuro e offerto direzioni concrete di speranza. E il Santo Padre ha speso parole di apprezzamento per l'assegno unico universale».
Finalmente, una misura concreta?
«Questo governo intanto ha scelto di attuare il Family Act, una riforma senza precedenti per dare una risposta integrata ad un problema complesso: le donne non riescono a coniugare lavoro e maternità, annaspano, non sono supportate a sufficienza dallo Stato, alla fine rinunciano ad avere figli. Io ne ho due, Chiara e Tommaso, e mi sono posta la domanda fatidica: ce la farò a tenere insieme i bambini e il mio lavoro? Ecco vorrei che Chiara, quando sarà il momento, non debba più porsi lo stesso quesito».
In sostanza?
«Il Family Act è una legge delega che oggi è alla Camera e spero entro l'anno passi anche al Senato, ma non è una cornice vuota. L'assegno unico universale è il primo mattone di questo nuovo edificio.
Cosa cambierà?
«La platea di quelli che ricevono un aiuto si allargherà a più di due milioni di nuclei familiari che oggi non hanno alcuna copertura. Partiremo a luglio, con una misura ponte, poi all'inizio del 2022 l'assegno andrà a regime».
Gli asili nido?
«Qui entra in gioco l'Europa con 4,6 miliardi del Recovery plan, più altri 500 milioni già investiti. I primi bandi sono già aperti, fra un paio d'anni dovremmo vedere i primi risultati».
Gli obiettivi?
«Vogliamo raggiungere almeno il 50 per cento della domanda, mentre oggi solo un quarto dei bambini trova posto. Questi numeri, bassissimi, parlano da soli e stiamo correndo per correggerli. Ma nel Family Act ci sono altri capitoli che, decreto dopo decreto, vogliamo portare a compimento. Penso al tema della decontribuzione del lavoro femminile. Ancora, congedi parentali paritari. E poi c'è una strategia di fondo da parte di questo esecutivo sulla parità di genere. Per esempio sul versante della pedagogia: basta con le penalizzazioni e le discriminazioni nella formazione digitale. Maschi e femmine devono avere le stesse opportunità».
Che cosa si aspetta da questi interventi?
«Oggi ogni donna ha in Italia 1,24 figli. Siamo la maglia nera d'Europa e continuiamo a scendere. Invece, dobbiamo guardare all'esperienza di paesi vicini che hanno saputo risalire la china: in Francia siamo quasi a due figli per donna».
Ma c'è anche una realtà diversa.
«Certo, più attenzione e più servizi. Noi dobbiamo colmare questo gap mettendo mano a tanti aspetti: dai soldi all'educazione tutto serve per dare fiducia a chi esita a pensare a un figlio. Un'altra iniziativa cui come Governo stiamo lavorando è quella dei mutui agevolati agli under 35».
Intanto, il Parlamento si dedica al ddl Zan. Era proprio necessario?
«Le ondate di violenza contro gli omosessuali sono sotto gli occhi di tutti».
Ma non ci sono già leggi e codici per punire sopraffazioni e comportamenti vergognosi? Perché scrivere altre norme in un Paese che ne ha già troppe?
«Anche i delitti contro le donne erano sanzionati. Ma quando si è introdotta la parola femminicidio tutto è cambiato. A volte c'è bisogno di interventi specifici».
E non c'è il rischio di creare per legge un pensiero unico, politicamente corretto?
«Non c'è da preoccuparsi: la libertà è scolpita nella Costituzione».
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