Novak Djokovic colpisce ancora. Il Cannibale serbo fa sua la Finale di Wimbledon, piegando un pur bravo Matteo Berrettini. Un match nel quale il campione nativo di Belgrado ha quasi sempre mostrato la propria superiorità, riuscendo a trovare con continuità le soluzioni ai problemi proposti dall'azzurro, che suo malgrado ha dovuto alzare bandiera bianca. Il balcanico ha archiviato la pratica con un saldo in attivo di vincenti (31) rapportato al numero di errori non forzati (21), avendo una costanza al servizio davvero notevole: 79% dei punti vinti con la prima in battuta e il 53% con la seconda.
Una vittoria che segue in maniera fedele quanto visto nell'annata (successi agli Australian Open e al Roland Garros) così particolare nella quale Nole appare come l'ultimo baluardo dei tre titani a rimanere in piedi nonostante l'inevitabile trascorrere del tempo. Un tennista, ma ancor prima un atleta eccezionale, al cospetto di un giocatore di 9 anni più giovane non in grado di metterlo in difficoltà con la combinazione servizio-dritto come sarebbe stato necessario. Con colpi taglienti e ben assestati, il serbo ha lavorato ai fianchi il romano e la chiosa gli è stata favorevole come da pronostico. Sesto trionfo nei Championships per lui, e ventesimo titolo dello Slam al suo trentesimo ultimo atto disputato in carriera in un torneo di questo genere. Terza vittoria consecutiva nei Championships per Djokovic, dunque, che aggancia i rivali di sempre, Rafael Nadal e Roger Federer, nella graduatoria dei Major vinti, restando in piena corsa per il completamento del Grande Slam.
Un'impresa che fu compiuta dal mitico australiano Rod Laver nel 1969. Laver che poté fregiarsi di ciò anche nel 1962, mentre per trovare un altro giocatore a spingersi a tanto bisogna andare allo statunitense Don Budge nel 1938, ma parliamo di un altro tennis. Una storia che si ripete quella di un Djokovic, campione assoluto e poco amato. Ancora una volta il pubblico del Tempio del tennis gli è stato avverso, sostenendo il tennista sfavorito della vigilia.
I cori in favore di Berrettini sono stati molteplici, ma lui dotato di una fame di vittoria inesauribile, si è quasi nutrito della contrarietà della collettività per trovare quelle energie nervose e fare la differenza quando andavo fatto. A 34 anni, il terzo titolo di un Major in questo 2021 è suo e oltre all'obiettivo Grande Slam citato è in piedi il progetto oro olimpico. Il coronamento di un percorso eccezionale di un fuoriclasse della racchetta.
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