Parag Khanna è uno stratega geopolitico. Nato in India nel 1977, è fondatore e dirigente di FutureMap, è stato consigliere dell'Onu per il programma Global Trends e delle Forze speciali Usa e ricercatore in vari istituti internazionali. Da Singapore, dove vive, analizza il mondo delineando scenari, come nei saggi Connectography, Il secolo asiatico? e Il movimento del mondo, tutti pubblicati in Italia da Fazi Editore.
Parag Khanna, per che cosa si combatte in Ucraina?
«La mia visione è che questo conflitto, come altri, si combatta più per ragioni territoriali che ideologiche. Alcuni lo considerano come uno scontro fra democrazia e regimi autoritari, fra Occidente e Oriente, fra libertà e dittatura, ma io non sono d'accordo».
L'ideologia non c'entra?
«Certamente esistono differenze, la Cina e la Russia sono stati autoritari; ma questo conflitto è più territoriale: Putin crede che la Russia abbia il diritto sovrano di prendersi quei territori. Se si crede che sia solo ideologica, non c'è modo di porre fine a questa guerra».
Invece il modo c'è?
«Anche con Putin si può raggiungere un accordo territoriale. Dobbiamo ricordarcelo. Con la Cina il punto è Taiwan, con la Russia il Donbass e la Crimea. Spesso questi vengono considerati dei frozen conflicts, conflitti congelati, ma è un'idea pericolosa, che ci porta a credere che, in qualche modo, essi siano stabilizzati».
Non è così?
«Affatto. Sono sempre a rischio esplosione. Quindi bisogna essere propositivi e cercare una soluzione territoriale».
La guerra era imprevedibile?
«Non direi. Sono dieci anni che la Russia cerca di cambiare la geografia dell'area».
E allora perché non siamo intervenuti prima?
«Perché, appunto, lo abbiamo trattato come un frozen conflict, con la convinzione che la Russia avrebbe rispettato l'autonomia dell'Ucraina, e senza risolvere la questione dello status della Crimea e delle province orientali».
Che ruolo ha la Cina?
«Credo che le potenze asiatiche siano molto consapevoli e molto opportunistiche. Vogliono approfittare del costo ridotto delle importazioni di gas».
Già nel libro Il secolo asiatico? parlava di «asianizzazione» della Russia.
«Per me questa guerra cementa il ruolo della Russia come Nord dell'Asia. C'è chi considera la Russia l'Est dell'Europa, ma io la vedo come il Nord dell'Asia. E sarà ancora più geopoliticamente vero in futuro: la Russia sarà sempre più emarginata dall'Occidente e benvenuta in Oriente».
Che tipo di vicinanza è quella fra Cina e Russia?
«Negli ultimi dieci/quindici anni i due Paesi si sono avvicinati sempre di più. In gennaio hanno siglato un accordo cruciale su un nuovo gasdotto e oleodotto. È difficile immaginare che Pechino rinunci a tutti questi vantaggi perché c'è la guerra in Ucraina».
Quindi la Cina non farà nulla per fermare il conflitto?
«È irrealistico che l'Europa speri che la Cina riveda il suo sostegno alla Russia. Anche l'altro giorno la risposta di Pechino è stata chiara: Andremo per la nostra strada».
Come sarà l'Europa alla fine di questa guerra?
«Non so se riuscirà a realizzare davvero il sistema di difesa unico europeo, ma sarà più forte. E gli Stati Uniti, nonostante Biden abbia mostrato di non voler rimanere invischiato in conflitti nel mondo, dovranno moltiplicare il loro impegno in Europa: saranno coinvolti sia nel sostegno militare, sia nel rifornimento di energia, sotto forma di gas liquido».
Le sanzioni minacciano il commercio globale?
«Il commercio globale è ben più ampio del ruolo della Russia in esso: ha superato lo choc della pandemia, le crisi finanziarie, la Brexit, l'11 settembre... ed è sempre cresciuto. Anche le importazioni dell'America dalla Cina sono cresciute, nonostante la pandemia. Sarei molto cauto nell'affermare che le sanzioni siano la fine della globalizzazione: infatti nel frattempo, come vediamo sotto i nostri occhi, essa va avanti».
Questa è una guerra dell'Asia contro l'Europa?
«No. In questo stesso momento, i commerci fra Europa e Asia sono in crescita: esse sono sempre più vicine, nonostante le tensioni geopolitiche».
E i rapporti commerciali fra Europa e Russia torneranno uguali?
«No, credo collasseranno. Non vedo possibilità che, anche dopo la fine della guerra, le relazioni fra Europa e Russia possano tornare come prima».
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