Il ministro Carlo Nordio torna in aula alla Camera dopo giorni di polemiche furiose sulle intercettazioni e traccia le linee programmatiche della «sua» giustizia. Lo fa nel giorno in cui in Consiglio dei ministri arriva l'intervento «chirurgico» correttivo - che anche l'ex giudice ha invocato - sulla riforma Cartabia, una modifica annunciata nelle scorse settimane per scongiurarne gli effetti distorti, con il rischio scarcerazioni anche clamorose per mancanza di querela. La correzione, che risponde al grido di allarme lanciato dagli uffici giudiziari, prevede che non servirà la querela se c'è l'aggravante mafiosa oppure se chi commette il reato di lesioni è già soggetto a misure di prevenzione. E che in caso di flagranza si proceda con l'arresto e si concedano 48 ore per la querela: solo scaduto questo termine il sospettato sarà rimesso in libertà.
Sulla giustizia il governo rivendica le sue battaglie: «Se non interverremo sugli abusi delle intercettazioni cadremo in una democrazia dimezzata». Il discorso di Nordio in Aula è scandito dagli applausi, ripetuti, della maggioranza. Ma incassa anche l'aperto sostegno del Terzo polo di Carlo Calenda. Nessuna marcia indietro dopo la sollevazione degli ultimi giorni, oltre che delle opposizioni, di numerosi pm antimafia che temono che l'annunciata stretta per limitare lo strumento a mafia e terrorismo possa indebolire le indagini sulla criminalità organizzata. Per esempio abolendolo per reati come la corruzione, spesso spia di un tessuto mafioso. Nordio però assicura che le intercettazioni «rimarranno anche per i reati che sono satelliti di questi fenomeni perniciosi». Ma poi affonda: «L'Italia non è fatta di pm e questo Parlamento non deve essere supino e acquiescente a quelle posizioni».
Nordio ricorda di voler intervenire sugli abusi delle intercettazioni «che fanno finire sui giornali notizie che diffamano e vulnerano l'onore di privati cittadini. In Italia abbiamo avuto spesso l'impressione che la regola fosse quella di lasciare pubblicare tutto anche attraverso i brogliacci della polizia giudiziaria che l'esperienza giudiziaria ci dimostra essere molto spesso inaffidabili, ma non per cattiveria e malafede di chi li trascrive. Semplicemente perché nella trascrizione di queste intercettazioni che molto spesso sono di difficilissima captazione, l'errore è spesso in agguato. Ed è vero che la voce dal sen fuggita che noi usiamo ogni giorno, magari condita di imprecazioni e di bestemmie, letta nei brogliacci della polizia, dà un'impressione alterata e ha una negatività icastica, che è irrimediabile ed e qui che bisogna intervenire». Non è bastata, secondo il ministro, la riforma Orlando del 2020, che ha previsto la segretezza delle intercettazioni non penalmente rilevanti: «Qualche settimana fa in Veneto siano state diffuse intercettazioni che riguardano il governatore della Regione e altre persone assolutamente estranee alle indagini, né indagate né imputate. Questo dimostra il fallimento di quella legge». In aula risponde anche all'ex collega Federico Cafiero De Raho, ex procuratore nazionale antimafia: «Sentendovi sembra che la mafia sia annidata nello Stato in tutte le sue articolazioni. Allora la domanda è questa: dov'era l'Antimafia se siamo arrivati a questo risultato? Io credo che l'Italia non sia così infiltrata da articolazioni mafiose che si sono insediate nei meandri più intimi della nostra vita individuale». Insomma, Cafiero de Raho, «avendo fatto, e molto bene, il procuratore antimafia ha una visione pan mafiosa».
Quanto alla riforma dell'abuso d'ufficio, Nordio si rivolge ai banchi del Pd: «È noto che sarei tendenzialmente per l'abrogazione di questo reato tout court. È altrettanto noto che sono disponibilissimo ad una revisione. Vi posso assicurare che da me c'è stata una vera e propria processione di sindaci dei vostri partiti che sono venuti a chiedermi implorando di eliminare questo reato. A questo punto, chi è dottor Jekill e mister Hyde?».
Mugugni in Aula per il passaggio sugli errori giudiziari, e l'annessa citazione del processo sulla trattativa Stato mafia: «Il
comandante generale del Ros è stato sottoposto per 17 anni a un processo penale dal quale alla fine è stato assolto con una carriera rovinata e senza che nessuno lo abbia risarcito». Il riferimento al generale Mario Mori.
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