Il problema non è la transizione, ma i suoi interpreti. «Chi la interpreta - spiega Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni - in modo assolutista».
Sabato scorso, Descalzi aveva definito la transizione green «insulsa e ridicola». Sei giorni dopo, intervistato dal direttore del Giornale Alessandro Sallusti nel corso del convegno «Fare crescere insieme l'Italia», il super manager è meno tranchant. Ma i concetti sono sempre gli stessi e il messaggio rivolto all'Europa è netto come sempre: il cambiamento non può inseguire modelli astratti e improponibili, ma deve aprirsi alla realtà.
Descalzi promuove invece il governo italiano a proposito del Piano Mattei che le opposizioni hanno definito «una scatola vuota». Sallusti gli chiede se si tratti solo di una suggestione o di qualcosa in più: «Per quello che vedo - è la risposta - c'è un grande dinamismo sul Piano Mattei e si stanno raggiungendo gli obiettivi».
Ma è sul tasto doloroso della transizione che si svolge buona parte del ragionamento del numero uno di Eni. «Il problema - è l'incipit - non è la transizione energetica ma chi la sta interpretando in modo assolutista, dove si guarda solo all'offerta e non alla domanda, pensando che si possa rimpiazzare tutto con una sola fonte energetica».
«Una follia», come Descalzi ha ripetuto in più di un forum. Il filo oggi è lo stesso: «La transizione è una trasformazione necessaria e la colpa è degli interpreti, di chi riempie uno spazio politico dicendo che la tecnologia ha un valore politico quando è uno strumento».
Insomma, si scambia il mezzo per il fine e si eleva a dogma quel che è solo un modello, adatto per alcuni scenari.
«Sicuramente - aggiunge l'amministratore delegato - non posso essere contro la transizione energetica, visto che negli ultimi 6 anni ci abbiamo investito quasi 12 miliardi», ma il problema è come farla: «Non essendoci più sussidi, riesce se si riesce a renderla economica, attirando capitale privato. Ora il pubblico fa molta fatica».
C'è molto da fare e sono da considerare con attenzione anche le percentuali della torta. «Le rinnovabili dal punto di vista dell'energia occupano il 2,5 per cento a livello mondiale - prosegue il manager. - In Europa eolico e solare arrivano al 27 per cento, poi c'è tutto quello che è fossile, idroelettrico e il 9 per cento del nucleare».
Sallusti insiste sui nucleare e lui non si sottrae: «Il nucleare è assolutamente necessario se vogliamo raggiungere gli obiettivi fissati dall'Unione europea per l'elettrico.
Ma è fondamentale che ci sia un'accettazione sociale». Non si può procedere come un elefante in cristalleria: «Ci dovrà essere un percorso e individuare delle aree, nelle quali studiare incentivi. Quanto all'Europa, la Francia è sicuramente d'accordo, ma ricordiamoci che molti Paesi europei sono contro».
Il nucleare diventa insostituibile, «se guardiamo ad un mondo ideale come dipinto dall'Europa, secondo la quale nel 2035 ci saranno solo macchine elettriche, cosa che non potrà accadere perché le rinnovabili da sole non possono bastare. Il governo riuscirà a far passare la legge, ma sarà necessario un referendum e bisognerà capire se ci sarà un'accettazione sociale».
Dunque, guai a sposare una soluzione a senso unico.
Questo è il futuro, ma il presente è riempito dalle guerre: «La cosa strana è che il prezzo del petrolio non sta risentendo del conflitto in Medio Oriente. Vuol dire che gli analisti ritengono che questa guerra non possa impattare i flussi». Infine il Piano Mattei: «Il governo si è mosso molto rapidamente per definire delle progettualità.
Per la prima volta la cooperazione non è indirizzata all'aiuto e all'assistenza ma allo sviluppo». Un giudizio più che positivo, quasi il riconoscimento di un nuovo paradigma, dopo le bordate critiche di sinistra e 5 Stelle.
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