Divorzio, si cambia ancora. L'autosufficienza economica perde colpi e torna in auge il principio assistenziale che per decenni ha guidato i giudici nella definizione dell'assegno di mantenimento. La correzione di rotta arriva con la sentenza numero 18287 della Corte di Cassazione a sezioni civili unite, chiamate a risolvere un conflitto giurisprudenziale su una questione fondamentale per milioni di italiani. «L'assegno di divorzio - stabilisce il Palazzaccio - deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa». Un mix di criteri che nelle intenzioni delle toghe della Corte Suprema, dovrebbe servire a rendere più equo e umano l'accordo economico che segue alla fine di un matrimonio. Tenendo conto del fatto che il contributo fornito alla vita familiare nel corso del matrimonio «costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell'unione matrimoniale».
Ai fini del riconoscimento e della composizione dell'assegno vanno valutate comparativamente «le rispettive condizioni economico-patrimoniali» anche tenendo conto del «contributo fornito dall'ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future e all'età dell'avente diritto». In pratica una donna che abbia accantonato la carriera per dedicarsi alla famiglia in accordo con il coniuge deve vedersi riconosciuto questo sacrificio come un vero e proprio contributo economico alla famiglia, che così ha potuto risparmiare su alcune voci di spesa.
La questione si è posta in seguito alla sentenza sul divorzio dell'economista ed ex ministro Vittorio Grilli, per il quale la Suprema Corte ha escluso il parametro del «tenore di vita» da quelli fondanti il riconoscimento del diritto all'assegno divorzile, sbilanciando la valutazione sul principio dell'autosufficienza potenziale. Si stabiliva così che il coniuge più debole non potesse pretendere di mantenere il livello di vita pre-divorzio qualora la sua età, la sua salute, i suoi titoli di studio gli consentissero di garantirselo da sé con il solo gesto di rimboccarsi le maniche.
Ora arriva questa riforma interpretativa, che non rinnega del tutto il principio dell'autosufficienza ma lo tempera abbondantemente con elementi perequativi. La Cassazione dovrà rispettare questi principi nelle future sentenze. Anche quella sul divorzio tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario. Quest'ultima a gennaio ha impugnato la sentenza pronunciata - in applicazione proprio dei nuovi princìpi stabiliti dalla sentenza Grilli - dalla Corte d'Appello di Milano che ha azzerato l'assegno a sei zeri riconosciutole in primo grado (1,4 milioni al mese) e disposto la restituzione a Berlusconi di circa 45 milioni di euro.
Matrimonialisti ed esperti salutano con favore la novità, ma qualcuno invoca un ulteriore passo avanti. «Il nuovo orientamento - spiega Ferdinando Mauro, esperto in diritto di famiglia - non elimina il potenziale conflitto tra ex coniugi. Pertanto, la reale alternativa per proteggere la famiglia, con soluzioni razionali e preventive, sono i patti prematrimoniali.
È tempo di approvare una legge definitiva, visto che con ogni evidenza non è più sufficiente l'articolo 162 del codice civile con cui i coniugi hanno la possibilità di regolamentare il loro regime patrimoniale solo attraverso la comunione legale o la separazione dei beni».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.