Il nuovo impero fondato sulla svendita dell'auto

Negli anni '80 il Lingotto era centrale, poi la corsa a puntare su salute e moda. Il ruolo dei manager

Il nuovo impero fondato sulla svendita dell'auto
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Un metodo imperiale, quello dell'«associazione». È la strategia scelta da Gianni Agnelli per designare l'erede al trono della Fiat. Sì, Fiat perché nell'ormai lontano 1984, il Lingotto rappresentava il vero «gioiello di famiglia» di una galassia societaria tutta incentrata sul settore auto e con incursioni nelle assicurazioni (Toro) e nel retail (Rinascente), oltre al giocattolo sportivo della Juventus. Quarant'anni fa, infatti, l'Avvocato fondò Dicembre, una società semplice con il compito di gestire la partecipazione del suo ramo familiare nella Giovanni Agnelli Sapa, l'accomandita di controllo dell'impero torinese. Fu nella seconda metà degli anni '90 che Agnelli, morto il nipote Giovannino (figlio di Umberto) che era il vero delfino, indicò nell'allora ventenne John Elkann, primogenito di Margherita, il futuro timoniere del gruppo.

A quell'epoca il giovane Yaki deteneva il 25% circa di Dicembre, quota poi salita al 33% alla morte del nonno e oggi giunta al 60% in quanto nonna Marella aveva ceduto a lui e ai fratelli Lapo e Ginevra le proprie quote. Tramite Dicembre John Elkann controlla il 39,7% di Giovanni Agnelli B.V., la vecchia accomandita che nel frattempo è stata trasferita in Olanda. Controllare è il termine giusto perché gli eredi dei fratelli dell'Avvocato, riuniti ognuno nel proprio ramo, hanno quote di minoranza ben lontane da quelle di John e fratelli. Basti pensare che il secondo azionista è il ramo Maria Sole Agnelli con l'11,2% mentre il ramo di Umberto (rappresentato dai figli Andrea, ex presidente Juve, e Anna) è al terzo posto forte del suo 8,9%.

Comandare in Giovanni Agnelli B.V. significa comandare in Exor B.V., la ricchissima holding di famiglia. Negli anni la società ha assorbito le vecchie casseforti italiane Ifi e Ifil ed è stata poi spostata in Olanda come sede sociale e a Londra come mercato principale di quotazione. La Giovanni Agnelli B.V. ha il 53% circa di Exor ma ne detiene l'80% dei diritti di voto. Anche se non è più presidente della vecchia Sapa, Yaki è però amministratore delegato di Exor quindi è sempre lui a decidere. Prova ne sia che da qualche anno a questa parte nell'organigramma di Giovanni Agnelli B.V. non compaiono più come «garanti» Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti, due professionisti sempre al fianco del nonno anche nella creazione di Dicembre. Un peccato di superbia? No, John Elkann ha dalla sua parte la forza dei numeri. Exor, infatti, non è più concentrata esclusivamente sull'auto anche se Stellantis rappresenta poco più di un terzo dei 35,5 miliardi di patrimonio netto (600 milioni di dividendi su 835 milioni complessivamente incassati) e anche se Ferrari, Cnh (trattori) e Iveco (camion e furgoni) restano partecipazioni molto rilevanti anche finanziariamente. Ben consigliato da abili professionisti, più che per capacità proprie, Elkann ha iniziato con successo un percorso di diversificazione sulla falsariga di quella che Cesare Romiti consigliò al nonno Gianni. Ha il 15% di Philips che ora è leader negli elettromedicali, il 24% di Christian Louboutin, il produttore delle calzature femminili rese celeberrime da Sex and the city e ha via via acquisito altre partecipazioni creando nuovi fondi ad hoc come Lingotto ed Exor Ventures. Inoltre è azionista di maggioranza dell'Economist - influente settimanale britannico che nel 2023 ha fruttato 12 milioni di dividendi - oltre a controllare l'89,6% di Gedi, l'editore di Repubblica e Stampa che invece ha perso 77 milioni su 480 milioni di ricavi nonostante l'ingresso nel gruppo dei giovani influencer di Stardust. E, dunque, dopo la svendita ai francesi di Fca, l'auto non è più il sole attorno al quale ruota questo universo (Ferrari è valutata come un brand del lusso e non come casa automobilistica) anche se continua a fornire l'apporto maggiore agli incassi della famiglia.

Da Exor alla Giovanni Agnelli B.V. quest'anno sono arrivati oltre 55 milioni di dividendi. Per Dicembre l'incasso non dovrebbe discostarsi molto dai 20 milioni. Uno dei pochi segni rimasti del valore «sociale» delle tute blu.

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